Spesso paghiamo quel che non avremo
Compriamo connessioni Internet sempre più veloci: ma sono soldi ben spesi?
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Compriamo connessioni Internet sempre più veloci: ma sono soldi ben spesi?
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Compriamo connessioni Internet sempre più veloci: ma sono soldi ben spesi?
La velocità della connessione è un valore che viene sbandierato da tutti i fornitori di accesso alla rete Internet nell’offerta retail per navigare. Quello che acquistiamo a un costo maggiore è ciò che ci serve oppure si tratta dello stesso prodotto di prima?
Faccio un esempio: se ognuno di noi vuole sottoscrivere un contratto di fornitura idrica deve fare prima un’analisi preventiva del probabile consumo di acqua. Se si calcola che una famiglia di quattro persone genera un consumo medio di circa 900 litri al giorno, chiudere un contratto per mille litri al giorno come fornitura media farebbe stare abbastanza tranquilli. Purtroppo non è così. Se la mattina alle sette ci si appresta a fare la doccia, nonostante i mille litri disponibili potremmo anche non avere acqua a sufficienza in quel preciso momento. Con una portata di 0,7 litri al minuto il fornitore assicurerebbe come da contratto una capacità giornaliera di mille litri, ma la doccia con quel tipo di flusso non sarebbe sicuramente piacevole. Questo per spiegare che nell’offerta, oltre a quello quantitativo del volume giornaliero, manca un parametro vitale: la portata minima istantanea assicurata.
Quando chiudiamo un contratto con un fornitore di accesso a Internet è necessario fare queste due analisi, altrimenti si valuta in maniera non coerente l’offerta. Nel caso di utilizzo della rete Ip è facile stabilire che usare un sito web con una connessione stabile a 10 Mbs sia più che sufficiente, mentre per un film o una partita su un display da 50 pollici occorrano 100Mbs. Questo significa che con una velocità di 200Mbs una famiglia di quattro persone potrebbe lavorare e divertirsi senza problemi. È chiaro che parliamo di connessioni stabili, costanti, con una banda minima garantita elevata e simmetrica, e non come invece vengono intese nella proposizione commerciale attuale. Già, perché il problema da analizzare nelle proposte commerciali non è soltanto la velocità ma la portata minima dei dati: è quella che ci impedisce di vedere eventi simultanei, come le partite di calcio nel caso di Internet.
Firmare un contratto che assicura una connessione da 1Gbs, rispetto a una da 100Mbs, non è sufficiente a garantirci che in quel momento possiamo contare su una connessione dieci volte superiore, perché la velocità è statisticamente vera ma non costante. Per avere questa garanzia il contratto deve prevedere una clausola precisa riservata alla banda minima garantita. Ad esempio, un contratto simmetrico da 400 Mbs con banda minima garantita di 100 Mbs potrebbe costare molto di più di un normale contratto retail da 1 Gbs in quanto assicura una maggiore affidabilità di connessione, anche se questo dato non è comprensibile a chi si limita a leggere soltanto quello della velocità massima.
Inizialmente, le connessioni erano più asimmetriche: alta velocità in ingresso e bassa velocità in uscita. Questo concetto non si adatta più al mondo attuale, dove lavorare su una applicazione di conferenza fra più persone implica anche una banda elevata in uscita. Parimenti la stessa esigenza si manifesta durante i giochi online, dove lo scambio dati in uscita – dovuto alla grafica – è elevato e veloce. È quindi facile pubblicizzare velocità da 1Gbs o addirittura da 10 Gbs se non si fa riferimento a questo parametro essenziale. Rifacendomi all’esempio iniziale, la portata teorica dell’acquedotto del nostro rione è mille litri di acqua al minuto? A prima vista sembrano tanti, ma se mille persone fanno la doccia alle 7 di mattina la portata sarà di un solo litro al minuto… Chi gestisce l’acquedotto può senz’altro dichiarare la sua portata di mille litri ma occorre sapere che questa è teorica e non garantita quando ci serve.
Anche l’autorità è intervenuta sul punto, obbligando i service provider a evidenziare questo parametro per non dar vita a offerte non veritiere. Resta però il problema della mancata cultura degli utenti. Per ordine dell’autorità, tutte le società che vendono accesso alla Rete devono comunicare con chiarezza questo dato fondamentale, che in certe condizioni è il più importante. Ma anche in questo caso il cliente finale legge raramente questa clausola e spesso ne ignora il significato. Rimediando fregature.
di Claudio Carnevale
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