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L’Italia indietro nella sfida digitale

L’Italia è ancora indietro nella rivoluzione digitale, ma i soldi del Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, offrono allo Stato italiano l’occasione di osare in merito al tema della digitalizzazione.
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L’Italia indietro nella sfida digitale

L’Italia è ancora indietro nella rivoluzione digitale, ma i soldi del Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, offrono allo Stato italiano l’occasione di osare in merito al tema della digitalizzazione.
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L’Italia indietro nella sfida digitale

L’Italia è ancora indietro nella rivoluzione digitale, ma i soldi del Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, offrono allo Stato italiano l’occasione di osare in merito al tema della digitalizzazione.
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L’Italia è ancora indietro nella rivoluzione digitale, ma i soldi del Pnrr, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, offrono allo Stato italiano l’occasione di osare in merito al tema della digitalizzazione.
Mentre Elon Musk e Jeff Bezos giocano a fare i marziani lanciandosi alla conquista di Marte e dello spazio, in Italia dobbiamo ancora compiere la nostra rivoluzione digitale. Tu chiamale, se vuoi, divaricazioni. Un certo conforto – ma senza eccessi – arriva adesso dall’indice Desi (acronimo dell’indice di Digitalizzazione dell’economia e della società in Europa) dove siamo saliti dal venticinquesimo al ventesimo posto. Il nostro giornale, nei giorni scorsi, ha già sottolineato come nella vita quotidiana di un italiano sbrigare pratiche amministrative e burocratiche online lo porti a connettersi 17 volte all’anno mentre in Belgio i cittadini – per le stesse richieste alla burocrazia – si collegano mediamente una volta al giorno. Un segnale evidente che il plateau dei servizi offerti online dalle amministrazioni belghe è infinitamente più alto di quello che i cittadini italiani trovano nel nostro Paese. Sottolineiamo tutto ciò perché la scalata di alcune posizioni in classifica (una buona notizia, frutto e segno di alcune cose fatte) non deve distoglierci dalla questione sostanziale che l’Italia deve affrettarsi ad affrontare: rispetto a molti altri Paesi europei, restiamo in ritardo nella sfida della digitalizzazione, sia per mancanza del capitale umano necessario sia in termini di coperture infrastrutturali e di investimenti. Vediamo più in dettaglio alcuni aspetti che andrebbero migliorati e in fretta.

La fibra, innanzitutto. Il ritmo del suo dispiegamento è rallentato tra il 2019 e il 2020 e servono adesso ulteriori sforzi per aumentare la copertura delle reti ad altissima capacità e del 5G.

Delle utenze dicevamo poc’anzi ma ci torniamo per un’aggiunta. La percentuale di utenti italiani che utilizzano i servizi di amministrazione online è aumentata dal 30% nel 2019 al 36% nel 2020, un buon incremento che ci lascia comunque ancora al di sotto della media Ue. Non basta. Quanto alla connettività, anch’essa rimane uno degli aspetti da migliorare sensibilmente. Si tratta di sbrigarsi. Il mondo del 2021 sta attraversando due rivoluzioni, quella dell’economia green e quella della tecnologia e della digitalizzazione. Un Paese che vuole competere non può permettersi ritardi e arretratezze rispetto ai suoi concorrenti.

Sarebbe devastante per la nostra economia.

Sul tema della digitalizzazione i soldi del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, offrono allo Stato italiano l’occasione di osare. Per quel che gli compete, gran parte delle imprese private del nostro Paese si sono già mosse e si stanno muovendo per innovare e digitalizzare, ma la sfida per non perdere il futuro non la possono certo vincere da sole. Hanno un gran bisogno dell’Italia.   Di Jean Valjean

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