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I talebani alle prese con i diritti al femminile

I dubbi per una possibile mossa strategica dei talebani per ottenere gli aiuti della comunità internazionale, senza i quali difficilmente potranno gestire il complesso apparato statale, stanno sconvolgendo l’Afghanistan.
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I talebani alle prese con i diritti al femminile

I dubbi per una possibile mossa strategica dei talebani per ottenere gli aiuti della comunità internazionale, senza i quali difficilmente potranno gestire il complesso apparato statale, stanno sconvolgendo l’Afghanistan.
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I talebani alle prese con i diritti al femminile

I dubbi per una possibile mossa strategica dei talebani per ottenere gli aiuti della comunità internazionale, senza i quali difficilmente potranno gestire il complesso apparato statale, stanno sconvolgendo l’Afghanistan.
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I dubbi per una possibile mossa strategica dei talebani per ottenere gli aiuti della comunità internazionale, senza i quali difficilmente potranno gestire il complesso apparato statale, stanno sconvolgendo l’Afghanistan.
I commenti degli analisti sono misurati e in molti si interrogano se alle dichiarazioni di principio seguiranno fatti concreti. I dubbi sono per una possibile mossa strategica dei talebani al fine di ottenere i tanto richiesti aiuti della comunità internazionale, senza i quali il governo di Kabul difficilmente potrà gestire il complesso apparato statale che deve guidare e sostenere 34 province e 398 distretti. Sta di fatto che l’annuncio merita la dovuta attenzione e non può essere liquidato soltanto con lo scetticismo. Stavolta vi è un decreto, con un ordine imperativo: «La Guida dell’Emirato Islamico ordina a tutte le autorità interessate, agli ulema e agli anziani delle tribù, di intraprendere azioni serie per far rispettare i diritti delle donne». Promana dalla massima autorità morale degli studenti coranici, l’Amīr al-Muʾminīn, il “comandante dei credenti”, la guida spirituale a capo della Corte suprema Hibatullah Akhunzada, un leader che ha saputo coltivare la sua autorevolezza molto spesso nel silenzio ma anche con un profilo di studioso dell’Islam, piuttosto che di combattente. Sempre lui, tra l’altro, già prima della presa del potere aveva vietato la poligamia ai propri comandanti militari.

L’ordine è articolato in dieci punti, piuttosto precisi. Il primo recita: «Tutti e due (uomini e donne) devono essere uguali.

Per il matrimonio è necessario il consenso delle donne adulte. Nessuno può costringere le donne a sposarsi con la coercizione o la pressione». Senza mezzi termini, si tratta di una rivoluzione che va a sradicare ogni residua legittimità dell’uso dei matrimoni forzati. Un costume diffuso anche nella popolazione afghana che, con l’avvento dei talebani, si stava declinando in maniera tragica: molte famiglie afghane avevano infatti iniziato a dare in spose ai parenti le figlie adolescenti, pur di non essere costrette a farle sposare ai guerrieri talebani, che le considerano un diritto di conquista. Il secondo punto è forse ancora più dirompente: «La donna non è una proprietà, ma un essere umano nobile e libero; nessuno può darla a nessuno in cambio di un accordo di pace o per porre fine alle animosità». Anche qui non si ammette qualsiasi altra forma di matrimonio combinato, che rappresentava di fatto un sistema di compravendita in cambio di rendite per migliorare posizioni economiche e sociali o per estinguere debiti e conflitti tribali. Al terzo punto viene affrontata la condizione vedovile, che obbligava le donne afghane a risposarsi con un membro della famiglia del marito, per non rimanere un peso sulla società: «Dopo la morte del marito, per Sharaie Adat (un periodo di quattro mesi e dieci notti o la fine della gravidanza, ndr), nessuno può sposare con la forza una vedova compresi i suoi parenti. Una vedova ha il diritto di sposarsi e/o di scegliere il suo futuro». Tra le nuove direttive troviamo anche il diritto all’eredità – con una quota legale della proprietà di marito, figli, padre e parenti – mentre i poligami sono obbligati a riconoscere i diritti di tutte le mogli e a mantenere equità tra loro.

Certo, il provvedimento nulla dice sul diritto delle donne al lavoro, all’istruzione e alle altre libertà, come quella di accedere alle palestre.

Ma l’importanza di alcuni passi avanti va riconosciuta così come quella di un’ultima prescrizione: «Il Ministero degli Affari religiosi è incaricato di incoraggiare gli studiosi a sensibilizzare le persone sui diritti delle donne scrivendo e predicando che opprimere le donne e non concedere loro i loro diritti causerà l’insoddisfazione di Allah e il suo tormento e rabbia».   Di Maurizio Delli Santi

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