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Giuseppe Conte

Lo spazio vitale del Movimento

Giuseppe Conte balla su una mattonella sempre più piccola perché il pavimento della politica è tutto occupato dagli altri
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Giuseppe Conte balla su una mattonella sempre più piccola perché il pavimento della politica è tutto occupato dagli altri
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Giuseppe Conte balla su una mattonella sempre più piccola perché il pavimento della politica è tutto occupato dagli altri
Al question time dell’altro giorno a Montecitorio, nel mediatico duello al sole fra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, il Movimento Cinque Stelle non è sostanzialmente esistito e Giuseppe Conte personalmente ha perso una buona occasione per giocare un ruolo da protagonista. Non solo. Anche nella tavola rotonda fra i segretari dei partiti di opposizione, ospitata nel congresso della Cgil, la scena l’hanno presa più Schlein e Carlo Calenda che non lui. Conte appare insomma come imballato, senza un copione chiaro da recitare che non sia l’antirenzismo, una canzone suonata ora anche dal Pd e un po’ passata di moda. Inevitabilmente il tempo gli sta togliendo lo smalto che era riuscito almeno parzialmente a conservare fino al 25 settembre, anche grazie alla bandiera del reddito di cittadinanza impugnata con grande spavalderia; dopodiché l’avvocato è rimasto stritolato da un lato dalla neosegretaria dem che gli ha scippato la bandiera del salario minimo e dall’altro da Giorgia Meloni che gli ha demolito proprio il reddito, sicché oggi trovare una nuova parola d’ordine non è facile. Adesso sta accennando alla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario – antico cavallo di battaglia bertinottiano di vent’anni fa – ma è sfortunato anche in questo caso perché la proposta è avanzata anch’essa dalla neosegretaria del Pd, che come prima regola ha rispolverato il vecchio adagio dei socialisti francesi del tempo che fu: quello di non avere nemici a sinistra. Da parte sua, Meloni lo ignora abbastanza (caso mai la sua attenzione ora è su come prendere questa Schlein), quasi non sia né un interlocutore né un avversario. Inoltre il nuovo gruppo dirigente del Movimento pare più serio di quello di prima ma ha evidentemente meno presa e meno idee. Sono lontani (e per fortuna) i tempi dei Di Battista e delle Taverna, per non parlare di Beppe Grillo. Insomma, “Giuseppi” (come lo chiamò affabilmente Donald Trump) non sa più bene cosa fare: non è un possibile uomo di governo né il capo dell’opposizione e neppure un soggetto autonomo intermedio. Balla su una mattonella sempre più piccola perché il pavimento della politica è tutto occupato dagli altri ed è anche difficile – a meno che non si voglia correre il rischio di essere stucchevoli – rimettere sul piatto il vecchio disco dell’antipolitica dopo anni passati, senza battere ciglio, alla guida del governo prima con la destra e poi con la sinistra. Resterebbero dunque il pacifismo e la lotta agli armamenti, carte già giocate a fianco di un movimento che però in questa fase sembra politicamente sparito e che cozzerebbero con i possibili alleati di sinistra, a partire da quel Pd che bene o male ha confermato la linea atlantista e filo-ucraina. È pur vero che Giuseppe Conte sa giocare bene a carte ed è un politico navigato (per alcuni addirittura spregiudicato), pronto a gettare le idee nello stagno della politica: ma al momento non si scorge via d’uscita nel labirinto della situazione italiana, che potrebbe persino fare a meno di lui. Di Mario Lavia

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