I Carabinieri per la libertà
L’apporto dell’arma dei Carabinieri alla Resistenza è parte integrante della Liberazione, anche se spesso viene ignorato
| Cultura
I Carabinieri per la libertà
L’apporto dell’arma dei Carabinieri alla Resistenza è parte integrante della Liberazione, anche se spesso viene ignorato
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I Carabinieri per la libertà
L’apporto dell’arma dei Carabinieri alla Resistenza è parte integrante della Liberazione, anche se spesso viene ignorato
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L’apporto dell’arma dei Carabinieri alla Resistenza è parte integrante della Liberazione, anche se spesso viene ignorato
Sarebbe il caso di onorare meglio lo spirito fondativo della Resistenza: la scelta di puntare sull’unità delle forze per la Liberazione, mettendo da parte le diversità ideologiche.
La questione poi della partecipazione delle forze armate alla Resistenza è oggetto di interesse solo da parte della storiografia militare: ancora oggi nei testi scolastici, e anche universitari, si parla prevalentemente di altri contesti. C’è stata fortunatamente qualche iniziativa divulgativa in cui sono state offerte importanti ricostruzioni come quelle di Rai Storia o anche il libro di Andrea Galli “Carabinieri per la Libertà”.
Molti conoscono l’eroica figura di Salvo D’acquisto, che sacrificò la propria vita per salvare 22 ostaggi dalla rappresaglia tedesca. Ma in quei giorni in cui l’Italia era divisa e si iniziava a resistere, l’Arma dei Carabinieri ha dato un contributo impressionante, come documentato dal suo Ufficio Storico: il tributo di sangue e di valore dei Carabinieri in quel periodo è testimoniato da 2.735 caduti, 6.521 feriti, oltre 5 mila deportati, 723 ricompense individuali al Valor Militare e innumerevoli ricompense al Valore e al Merito Civile.
Tra le organizzazioni clandestine dei Carabinieri che si distinsero nella lotta per la liberazione ci fu la “Banda Caruso”, che il generale Filippo Caruso, rientrato dal congedo, costituì con 5300 uomini, ponendoli a disposizione del Fronte Militare Clandestino, di cui alcuni componenti finirono trucidati alle Fosse Ardeatine. Nei fatti di Napoli i Carabinieri, nonostante l’ordine ricevuto dai tedeschi, non disarmarono ed anzi aiutarono la popolazione in rivolta, fecero evadere i rastrellati e avvertirono chi poteva essere arrestato. Al nord operarono anche la formazione “Carabinieri di Bergamo” e la “Banda Gerolamo”, che tra l’altro riuscì ad occupare a Milano la caserma del 205° Comando Regionale Repubblicano e la Caserma Medici, sede del comando nazista.
Ci sono poi storie individuali rimaste oscure, come quella del maggiore Pasquale Infelisi, comandante del gruppo di Macerata, che non aderì alla Repubblica di Salò per prepararsi alla lotta partigiana. Catturato e recluso in un ospedale psichiatrico, tentò di fuggire aiutato da medici e carabinieri.
Il piano saltò per il tradimento di un agente di custodia, e quando l’ufficiale si rese conto che le SS avrebbero potuto vendicarsi sui pazienti interruppe la fuga e si presentò: i tedeschi lo fucilarono alle spalle e fecero una foto ricordo.
Il maggiore Infelisi ha lasciato una lettera, un testamento morale, non solo per i Carabinieri:
“Non si può aderire a una Repubblica come quella di Salò, illegale dal punto di vista costituzionale e alleata a uno straniero tiranno, per essere alle dipendenze di una guardia nazionale repubblicana cancellando anche il nostro glorioso nome di Carabinieri, per confonderci con un’organizzazione paramilitare che non ha storia né gloria, dove molti componenti hanno il solo merito della violenza e della sopraffazione, mentre l’Arma dei Carabinieri in tutta la sua gloriosa storia, indipendentemente dai colori politici, ha difeso sempre le leggi dettate da governi legalmente costituiti e ha protetto i deboli contro i prepotenti. Accettare una cosa simile con un giuramento di fedeltà l’ho ritenuta una cosa indegna e umiliante. Ho fatto liberamente e con piena coscienza questa scelta, non sottovalutando i pericoli cui sarei andato incontro”.
Un monito per chi si interroga come stare dalla parte giusta.
Di Maurizio Delli Santi
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