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Manchester City Inter

È il giorno

È il giorno della finale, il giorno della sfida apparentemente impossibile dell’Inter di Simone Inzaghi al Manchester City di Pep Guardiola
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È il giorno

È il giorno della finale, il giorno della sfida apparentemente impossibile dell’Inter di Simone Inzaghi al Manchester City di Pep Guardiola
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È il giorno della finale, il giorno della sfida apparentemente impossibile dell’Inter di Simone Inzaghi al Manchester City di Pep Guardiola
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È il giorno della finale, il giorno della sfida apparentemente impossibile dell’Inter di Simone Inzaghi al Manchester City di Pep Guardiola
Si riferiva a ben altro il principe De Curtis – in arte Totò – nella sua meravigliosa A’ Livella, ma anche il calcio è una fenomenale livella sociale ed emozionale. Te ne accorgi nelle giornate delle grandissime partite, delle finali attese non solo dai tifosi delle squadre direttamente coinvolte, ma dal pubblico “generico“. Tutti a respirare quell’aria profondamente irrazionale del grande evento. Sì, profondamente irrazionale: come potremmo spiegare il senso di vuoto nello stomaco, le mani sudate, l’abulia di gente adulta da un pezzo per una sfida fra 22 ragazzotti in mutandoni? È qualcosa di totalmente illogico, almeno all’apparenza. Il calcio, nella sua dimensione più profonda e onesta, è linfa vitale. Piacere assoluto, anche nel “terrore“ che le cose vadano male, che a vincere siano gli altri e un grandissimo traguardo ti sfugga fra le dita. È il giorno della finale, il giorno della sfida apparentemente impossibile dell’Inter di Simone Inzaghi al Manchester City di Pep Guardiola, oggi il massimo disponibile a livello mondiale se parliamo di calcio. Una squadra vera, anche se costruita a botte di milioni di euro, a differenza di altre del tutto artificiali, prive dell’unico elemento che può trasformare una somma di professionisti iperpagati e supercoccolati in una squadra: l’anima. Oggi come decine di anni fa, quando i soldi a girare erano immensamente di meno, ma le passioni mosse esattamente le stesse di oggi. E nel calcio di allora ebbe un ruolo di straordinario rilievo l’Inter, ai tempi delle partite in bianco e nero e delle immagini sgranate, più che sufficienti a sognare e godere senza limiti. Secondo qualcuno, la storia non va in campo e tutto questo conta pochissimo contro Haaland, noi non la pensiamo così: al momento della verità – quando tutto sembra dirti che ti potrà andar male – anche Sarti; Burgnich, Facchetti; Bedin, Guarneri, Picchi; Jair; Mazzola, Milani, Suárez, Corso e gli “eroi” del Triplete scendono in campo. Ed è tutto un po’ meno impossibile di Fulvio Giuliani

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