Barbie la mercificata
Barbie la mercificata
Barbie la mercificata
Non è facile spiegare il successo planetario di “Barbie” (il film). Un miliardo di dollari incassati con una storia molto complicata: abbiamo individuato almeno tre temi incastrati uno dentro l’altro, all’interno di una lussuosa confezione da musical leggero. La confezione è nota anche a coloro che non hanno visto il film: il conflitto contemporaneo tra uomini e donne nell’Occidente opulento, visto dalla parte delle bambine. Un conflitto rappresentato quasi da un Aristofane redivivo (c’è anche l’assemblea delle donne), satirico ma in fondo non abrasivo.
Al di sotto della scintillante superficie rosa, il primo tema è quello del burattino che vuole diventare umano: come Pinocchio. Solo che – particolare conturbante – Pinocchio vuole diventare un bambino mentre la bambola vuole (o può soltanto) diventare una donna adulta. Qui cominciano i guai, perché un adulto conosce il sesso e la morte: la nuova coscienza della bambola umanoide deve assorbire entrambi, ma senza averne fatto l’esperienza. Quindi si rivolge al proprio creatore o meglio creatrice (la Mattel): deve tornare indietro nell’Eden di Barbieland, o andare avanti verso la vita reale? La risposta è inevitabilmente ambigua.
Il secondo tema è collegato alla coscienza disincarnata della bambola: sa un sacco di concetti e li mette in fila correttamente, ma senza carne e sangue restano appunto concetti astratti. Qui l’allusione è a un’altra ossessione dell’Occidente contemporaneo: l’intelligenza artificiale. Poiché (è inutile celare la conclusione) la bambola sceglie (suo malgrado?) la vita umana, acquisendo un’individualità ma rinunciando a essere un simbolo, c’è da chiedersi se alla fine del suo viaggio avrà memoria di essere stata una “cosa”.
Il terzo tema è quello del feticismo della merce come fondamento del capitalismo, direbbe il giovane Marx: non solo e non tanto perché si possono fare soldi sia con il patriarcato che con l’emancipazione femminile, ma perché – come si vede alla fine del film – sia nell’Eden che nella vita reale ci sono merci che vorrete possedere. Insomma, un gran mal di testa: ma davvero avvincente.
di Angelo PappadàLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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