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Maschilismo in Italia

L’Italia è maschilista?

La naturale evoluzione della società per la riduzione delle differenze fra i generi sta trovando una vera e propria opposizione
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L’Italia è maschilista?

La naturale evoluzione della società per la riduzione delle differenze fra i generi sta trovando una vera e propria opposizione
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L’Italia è maschilista?

La naturale evoluzione della società per la riduzione delle differenze fra i generi sta trovando una vera e propria opposizione
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La naturale evoluzione della società per la riduzione delle differenze fra i generi sta trovando una vera e propria opposizione
L’Italia è un paese maschilista? Per meglio dire, quanto l’Italia è ancora un Paese maschilista? Certo, non in modo esplicito e dichiarato, ma strisciante e incrostato. Frutto di una reazione retrograda di una quota di maschi spaventati da quanto sarebbe ormai cambiato per sempre. In peggio, secondo costoro. Uomini che esistono e insistono, siamo onesti, eppure è doveroso partire da un assunto: nella personalissima memoria di chi scrive, l’Italia ha compiuto giganteschi passi in avanti. Nella famiglia, fra gli amici, nella piccola realtà in cui sono cresciuto (ho 53 anni, non 530), era assolutamente normale che un padre non cambiasse una volta che fosse una il pannolino al figlio. Che non si occupasse minimamente del bagnetto, ma anche di andare a parlare con i professori a scuola, per tacere di altre incombenze familiari. Da questo punto di vista, siamo felicemente irriconoscibili e l’unica risposta possibile alle domande di cui sopra non potrebbe che essere un secco No. Come ben sappiamo, però, la realtà è molto più complessa e sfaccettata: nel mondo del lavoro, delle opportunità, dei tempi, della gestione familiare abbiamo ancora tantissima strada da fare, una miriade di risultati da ottenere e traguardi da tagliare. Soprattutto, alla luce degli ultimi e complessi anni che abbiamo vissuto, per la prima volta dai tempi del femminismo di rottura che seguì la rivoluzione dei costumi del ‘68, la naturale evoluzione della società per la riduzione delle differenze fra i generi sta trovando una vera e propria opposizione. Non è movimento coordinato, non ci sono leader – se non improvvisati profeti dei bei tempi che furono come qualche militare in libera uscita – ma un’idea sorda e cupa, per cui insistere su questa strada, la “mania” di invocare la parità in tutti gli aspetti del quotidiano significherebbe ridurre in poltiglia il nostro mondo. Nessuno oserebbe dichiararlo pubblicamente – non per ora, almeno – ma basta essere attenti. Drizzare le orecchie al bar o ristorante, seguire i dibattiti social, leggere i commenti a ciò che postiamo: il maschilismo sta assumendo sempre più i contorni dell’insofferenza a tutto ciò che comporta un’evoluzione, un passaggio. Ciò che ieri era “progresso” rischia di essere bollato come “politicamente corretto”. Ho già avuto modo di scriverlo: proprio chi detesta il politicamente corretto nelle sue espressioni più insensate, sa cogliere l’enorme differenza fra queste ultime e una fondamentale tensione all’evoluzione della nostra società. Che non piace a tutti, manco un po’. Opinione personale, si intende. Di Fulvio Giuliani

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