Sanità: Bassetti, ‘siamo medici non sacerdoti, vocazione non basta’
Milano, 3 nov. (Adnkronos Salute) – “Negli ultimi giorni si è nuovamente accesso il dibattito sulla qualità del lavoro e sugli stipendi dei medici. Molti sostengono, in maniera ideologica, che fare il medico sia una missione o, addirittura, che per farlo bene occorra seguire una vocazione sacrale. Molti di noi hanno quella vocazione, ma non possiamo unicamente attendere giovani con la vocazione. Abbiamo assoluto bisogno di medici che lavorino nei nostri ospedali, nei nostri Pronto soccorso e in alcune specialità, ormai quasi orfane”. E per trovarli affidarsi alla vocazione non basta, bisogna valorizzarne la competenza, la professionalità, il lavoro. Questa la riflessione dell’infettivologo Matteo Bassetti, che in un post su X avverte: “Finché l’ideologia prevarrà sul buon senso e ci sarà qualcuno che pensa che fare il medico equivalga a fare il sacerdote, la sanità pubblica continuerà a perdere i pezzi migliori”.
“Nel ragionamento ideologico di una certa parte politica – osserva il primario del Policlinico San Martino di Genova – è assolutamente normale che un medico lavori 12 ore al giorno, stia sveglio di notte, dedichi al suo lavoro sabati, domeniche e feste comandate e in cambio sia pagato e trattato come un impiegato delle Poste o un funzionario dell’Anagrafe. Sapete quale investimento economico c’è dietro la formazione di un medico?”, chiede Bassetti. “Badate bene – precisa – non dello Stato, ma del medico e della sua famiglia? Oltre agli studi alle scuole superiori, si devono aggiungere minimo altri 10-11 anni per laurea e specialità. Il che vuol dire essere pronti per iniziare a lavorare a 30-31 anni. E quando sei pronto per lavorare quanto guadagni? Un medico italiano – ricorda lo specialista – guadagna tra il 50 e il 70% in meno di un collega di un altro Paese europeo e fino a 4-5 volte meno di uno americano o inglese. Non stupiamoci quindi – chiosa Bassetti – se oggi i medici che noi abbiamo formato in Italia preferiscano il privato o andare all’estero”.
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