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Eletto da una tragedia fu parte del travaglio italiano

Il 25 maggio 1992 viene eletto Oscar Luigi Scalfaro, un anticomunista. Nessuno avrebbe previsto che sarebbe stato proprio lui a far nascere il primo governo presieduto da un comunista.
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Eletto da una tragedia fu parte del travaglio italiano

Il 25 maggio 1992 viene eletto Oscar Luigi Scalfaro, un anticomunista. Nessuno avrebbe previsto che sarebbe stato proprio lui a far nascere il primo governo presieduto da un comunista.
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Eletto da una tragedia fu parte del travaglio italiano

Il 25 maggio 1992 viene eletto Oscar Luigi Scalfaro, un anticomunista. Nessuno avrebbe previsto che sarebbe stato proprio lui a far nascere il primo governo presieduto da un comunista.
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Il 25 maggio 1992 viene eletto Oscar Luigi Scalfaro, un anticomunista. Nessuno avrebbe previsto che sarebbe stato proprio lui a far nascere il primo governo presieduto da un comunista.
Il candidato della Democrazia cristiana era Arnaldo Forlani, che giunse ad avere appena 12 voti in meno di quelli necessari a essere eletto. Le votazioni erano iniziate il 13 maggio 1992. Il suo antagonista era interno al partito, anche se non era uscito allo scoperto: Giulio Andreotti. Forlani si ritirò, mentre Andreotti smise di provarci, travolto dalle tragedie. Era già stato ucciso il suo proconsole siciliano, Salvo Lima. Il 23 maggio, a Capaci, una bomba svelle l’autostrada e uccide Giovanni Falcone, la moglie e la scorta. Si salva solo l’autista, che si era seduto al posto di Falcone. Le modalità erano tali da farne ben più di un omicidio. Il 25 maggio – candidato da Marco Pannella – viene eletto, anche con i voti dei comunisti (e dei Verdi) Oscar Luigi Scalfaro, già ministro degli Interni nel governo Craxi e da lui benvoluto. Era un uomo della destra democristiana, di origini nobili e meridionali ma piemontese. Un anticomunista. Nessuno avrebbe previsto che sarebbe stato proprio lui a far nascere il primo governo presieduto da un comunista. Il carattere degli uomini si vede fin dall’inizio e per Scalfaro è esemplare questo episodio: era magistrato, capace di chiedere e ottenere la pena di morte, ma era anche la stessa persona che si recò dal condannato, chiese perdono e gli suggerì di fare ricorso (l’interessato, Salvatore Zurlo, un repubblichino, se la cavò poi con l’amnistia togliattiana). A lungo ignorato, già da magistrato era membro dell’Azione cattolica, che gli chiese di candidarsi alla Costituente. Lui dice di avere avuto in animo di rifiutare, ma chiese consiglio a quello che considerava un maestro, ovvero Manlio Borrelli, magistrato, che lo indusse ad accettare. Trattasi del padre di Francesco Saverio Borrelli, ovvero di quel procuratore capo di Milano che nei frangenti più dubbi dell’inchiesta Mani Pulite aveva un referente sicuro: il presidente della Repubblica Scalfaro. Craxi aveva sbagliato il suo giudizio, giacché Scalfaro gli rifiutò l’incarico di formare il governo. Già sapeva che aria tirava a Milano. Lo stesso presidente verrà poi coinvolto in inchieste giudiziarie, ma reagì con un messaggio televisivo: «Non ci sto». Nel 1994 sciolse le Camere e le elezioni le vinse la destra, capitanata da Silvio Berlusconi. Dal Colle prima si ritardò il più possibile l’incarico, poi lo si accompagnò con una inedita e irrituale lettera contenente l’elenco di cosa e come il governo dovesse fare. Durante il suo settennato si mise al lavoro una Commissione bicamerale per la riforma costituzionale. Lui volle precisare, dopo un sollevamento dell’Associazione nazionale magistrati (che non è un’istituzione), che per nessun motivo doveva toccarsi la prima parte della Costituzione. Cosa di cui, però, nella Costituzione non c’è traccia. Il travaglio italiano aveva imboccato la via delle convulsioni.   di Gaia Cenol

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