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Un massacro del diritto, una bancarotta della civiltà

Sul totale dei procedimenti penali, gli assolti sono pari al 46,2%, mentre i condannati al 46,3%, ciò significa che chi entra nelle carceri italiane  nella metà dei casi vi entra da innocente.
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Un massacro del diritto, una bancarotta della civiltà

Sul totale dei procedimenti penali, gli assolti sono pari al 46,2%, mentre i condannati al 46,3%, ciò significa che chi entra nelle carceri italiane  nella metà dei casi vi entra da innocente.
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Un massacro del diritto, una bancarotta della civiltà

Sul totale dei procedimenti penali, gli assolti sono pari al 46,2%, mentre i condannati al 46,3%, ciò significa che chi entra nelle carceri italiane  nella metà dei casi vi entra da innocente.
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Sul totale dei procedimenti penali, gli assolti sono pari al 46,2%, mentre i condannati al 46,3%, ciò significa che chi entra nelle carceri italiane  nella metà dei casi vi entra da innocente.
«Lo status quo – ha detto il ministro della Giustizia – ha dato pessima prova di sé». Certo, ma nel produrre rimedi siamo solo all’inizio. Fin qui si è potuto dire che le riforme proposte dal governo, nell’assenza e nel blocco del Parlamento, vanno nella direzione giusta, ma sono largamente insufficienti. Se non vogliamo fermarci qui, non riuscendo a puntare all’eccellente, dobbiamo almeno puntare al sufficiente. Il problema, in campo penale, è questo: il codice penale è ancora quello firmato da Mussolini, al netto di barocchi ritocchi è fin troppo stabile; mentre il codice di procedura è un cantiere in eterno movimento, al punto che non si sa più da dove si entri e da dove si esca. E siccome le chiacchiere servono a nulla, ecco i risultati, mettendo a paragone non certo quelli dell’anno giudiziario con le chiusure (2019-2020), ma quelli dell’anno precedente (2018-2019) con quelli di quello appena chiuso (2020-2021): un processo di primo grado dura mediamente 516 giorni e 1.035 in appello; nelle carceri ci sono (al 31 dicembre 2021) 54.134 persone, mentre la capienza massima è di 50.835. I numeri di un Paese incivile, giustamente e dolorosamente in cima alla lista di quelli che subiscono condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Una, purtroppo grande, parte dell’opinione pubblica pensa: se stanno in galera una ragione ci sarà. Non è detto, però, che abbiano commesso un reato e questi numeri dovrebbero far riflettere: nel giudizio ordinario la percentuale degli assolti è pari al 54,8%, nel giudizio immediato a seguito di opposizione a decreto penale arriva al 68,7%. Sul totale dei procedimenti penali – compresi quelli di chi viene portato dal giudice perché trovato nel mentre commette il reato – gli assolti sono pari al 46,2%, mentre i condannati sono il 46,3%. Significa che in questa infernale macchina, che impiega anni a terminare un procedimento – anni nel corso dei quali il cittadino deve pagarsi le spese e si trova in balìa di un potere enormemente superiore al suo – all’incirca nella metà dei casi si entra da innocenti. In sede civile, con riferimento ai due anni indicati all’inizio, davanti al giudice di pace ci volevano 308 giorni e ce ne vogliono 362; nel tribunale ordinario ci volevano 354 giorni e ce ne vogliono 353; in corte d’appello ce ne volevano 646 e ce ne vogliono 658. Una bancarotta della civiltà. Tutto questo costa, rende inaffidabile il nostro diritto, impraticabile il nostro mercato, martoriata la convivenza civile. Dopo e sopra tutto questo ci sono la politicizzazione delle correnti della magistratura, l’esibizionismo giudiziario, le camarille nelle nomine e il Consiglio superiore della magistratura che ospita l’insieme di questa decomposizione a cielo aperto. E no, nelle parole dell’inaugurazione dell’anno giudiziario non abbiamo trovato traccia della realtà o consapevolezza della degenerazione. di Gaia Cenol

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