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Israele minaccia Rafah

Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’offensiva militare riprenderà verso Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto
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Israele minaccia Rafah

Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’offensiva militare riprenderà verso Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto
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Israele minaccia Rafah

Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’offensiva militare riprenderà verso Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto
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Benjamin Netanyahu ha annunciato che l’offensiva militare riprenderà verso Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza al confine con l’Egitto

Il presidente israeliano Benjamin “Bibi” Netanyahu ha annunciato che l’offensiva militare riprenderà verso Rafah, l’ultima città della Striscia di Gaza a ridosso del confine con l’Egitto. Dato che la Striscia confina per due lati con Israele e per uno si affaccia sul Mar Mediterraneo, è Rafah il luogo dove si è sviluppato il fiorente contrabbando che ha permesso ad Hamas di procurarsi così tanti missili. Una riserva – nascosta in semplici stock interrati un po’ ovunque – tanto grande da aver permesso loro di continuare fino a questi giorni il lancio di razzi contro le città israeliane, nonostante il disastro militare, materiale e umano che la guerra ha inflitto all’organizzazione. L’Egitto ha cercato per anni di porre fine a questi movimenti illegali di materiali bellici, persino demolendo porzioni della Rafah egiziana dall’altra parte del confine, ma senza successo.

Negli ultimi mesi la popolazione di questo ultimo scampolo di terra palestinese è balzata a causa dei combattimenti da 150mila a più di un milione di persone e il Cairo sta rinforzando le barriere poste sulla frontiera per cercare di prevenire un afflusso di massa di profughi. Difficile però che potrà trattenere la pressione di così tante persone a cui è rimasto così poco, se la violenza degli scontri dovesse spingerle a cercare rifugio oltreconfine. Nonostante le voci internazionali contrarie a questa offensiva meridionale si stiano moltiplicando, la possibilità di una tregua si è purtroppo estinta quando Hamas ha vanificato la mediazione del Qatar con richieste massimaliste e inaccettabili. Una provocazione palese verso Gerusalemme, perché «il nostro (di Hamas, ndr.) è un jihad di vittoria o martirio». Visto che la vittoria ormai è impossibile, si è scelto quindi il martirio dei militanti di questo partito suprematista palestinese. Il problema è che sta avvenendo assieme a quello dei civili fra cui si nascondono. Sono a rischio più di un milione di vite già stremate da traumi, fame e malattie: questo numero è stato già scritto, ma vale la pena ribadirlo.

L’obiettivo dei generali israeliani tuttavia è sempre lo stesso: la distruzione di Hamas. Questo non significa eliminare uno a uno i suoi paramilitari, ma neutralizzare abbastanza membri del suo personale (unità addestrate e comandanti locali e nazionali, principalmente) perché diventi così debole da sparire dal panorama politico palestinese. I bombardamenti nella Striscia e in Libano sono riusciti a sfoltire pezzi importanti dell’organigramma terroristico e le operazioni sul campo hanno reso non più operativi circa 18 battaglioni delle forze palestinesi, ma ne rimangono attivi ancora diversi. Ad esempio è riportato che nelle aree centrali continuano a combattere i battaglioni “Deir al Balah” e “Nuseirat”, sebbene anche quest’ultimo sia logorato dagli scontri. La Brigata “Rafah”, una sorta di Comando Sud dell’ala militare di Hamas, possiede invece ancora quattro interi battaglioni: “Tal as Sultan”, “Shaboura”, “Yabna” e “Sharq”.

L’offensiva promessa da “Bibi” punta quindi alla distruzione di queste residue unità meridionali, fino all’occupazione dello tzir filadelfi (il Corridoio Filadelfia) che corre parallelo al confine gazeo-egiziano. A quel punto l’isolamento della Striscia sarà completo e starà alla politica internazionale impedire che gli estremisti israeliani trasformino un territorio ormai in rovina in un vero ghetto a cielo aperto.

di Camillo Bosco 

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