Due anni di guerra in Ucraina

Due anni di guerra in Ucraina
Due anni di guerra in Ucraina
Nonostante le resistenze e le posizioni di chi vorrebbe provare a ‘dimenticare’ l’Ucraina, semplicemente non sarà possibile. Perché è cambiato tutto e non si torna indietro. Il fatto che noi non si abbia responsabilità – esclusa quella di non aver capito con chi stessimo facendo affari, convinti di ‘comprare’ il suo equilibrio – non cambia la sostanza. Una guerra convenzionale in Europa appariva fuori dalla storia ed è invece il nostro presente. L’averla fatta combattere dagli ucraini invasi con le nostre armi e i nostri soldi (intesi americani ed europei, noi abbiamo dato poco) è un altro aspetto con cui fatichiamo a fare i conti. Strano, perché si combatte per difendere i nostri diritti e la nostra libertà. Intendiamoci, ragionare di contrapposizione militare – se non direttamente di conflitto armato – era fuori dall’orizzonte dalla caduta del Muro sino a due anni fa. Un’intera generazione, la nostra, è cresciuta con l’incubo nucleare ma era un’eco lontana, atroce eppure esorcizzata proprio dalla sua enormità. Quella successiva è stata cullata dall’idea di una pace definitiva in Europa, nonostante la mattanza della ex Jugoslavia e il terrorismo. Altre tragedie, altre storie, mentre oggi dobbiamo accettare di ragionare di invasioni di terra e controllo violento di territori sovrani.
C’è qualcuno disposto, con l’eccezione dei putiniani di cui sopra, a dare ancora il minimo credito alle parole dello zar di Mosca? È cambiato l’ordine delle nostre priorità, perché senza sicurezza non ci può essere sviluppo e senza sicurezza la nostra stessa ricchezza è a rischio. Si pensi all’impatto della minaccia così lontana dei terroristi Huthi dello Yemen sul sistema produttivo europeo. Figurarsi l’ombra russa che ha già costretto i Paesi dell’Ue a rivedere i propri piani energetici. Due anni fa il punto numero uno all’ordine del giorno della Commissione era il New Green Deal. Abbiamo dovuto riscrivere tutto e per rispettare gli ambiziosi target, che non erano soltanto fantasie ideologiche, dovremmo rimettere mano all’opzione nucleare. Civile ma ancora oggi ‘radioattiva’ – appunto – per l’opinione pubblica italiana o almeno sue ampie porzioni. Visto che ci siamo, anche il tema del nucleare militare è stato resuscitato da Putin e dalle sue follie espansionistiche: l’ombrello americano resta e i recenti timori sono legati alle estemporanee dichiarazioni di un politico rancoroso e vendicativo. Detto questo, nulla si può escludere e certe domande converrebbe porsele prima che dopo. Tipo: «La deterrenza nucleare francese tutela soltanto gli interessi transalpini o potrebbe diventare parte di un futuro schema di difesa europea?», «Che rapporti militari costruiremo con la Gran Bretagna, non più nell’Unione ma Paese fratello e alleato?». Non sono ipotesi di scuola, non più.
Una presa di coscienza dei cittadini è improcrastinabile: questo non significa terrorizzare o usare Putin come l’uomo nero delle favole dei bambini, ma un bagno di realtà e consapevolezza aiuterebbe tutta la classe politica a essere meno timida nel dire la verità. Che non fa mai male, ma può far perdere tanti punti nei sondaggi e un bel po’ di voti. Questo lo sappiamo, ma chi aspira all’onere e onore di guidare un Paese avanzato non può limitarsi a invocare la pace. Perché così prepara la guerra.
di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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