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Covid: pediatri, ‘visitare tutti i bimbi e adolescenti dopo 4 settimane da infezione’

7 Febbraio 2022

Roma, 7 feb. (Adnkronos Salute) – Dal 4% al 60% di under 18 può soffrire di long Covid. Per evitare che la malattia si trasformi in lungo incubo, “visitare tutti i bambini e gli adolescenti con una diagnosi sospetta o provata di Covid dopo 4 settimane dalla fase acuta dell’infezione per verificare la presenza di possibili sintomi di long Covid. E programmare in ogni caso, anche in assenza di questi sintomi, un ulteriore controllo dopo 3 mesi dalla diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 per confermare che sia tutto normale o per affrontare i problemi emergenti, attraverso una valutazione approfondita”. Queste le principali raccomandazioni della Società italiana di pediatria, rivolte ai pediatri di famiglia e ai genitori per monitorare e gestire i possibili casi di Covid a lungo termine tra i bambini e gli adolescenti.

Le raccomandazioni sono contenute in un documento di Consenso redatto dalla Sip, su proposta del suo tavolo tecnico Malattie infettive e vaccinazioni e della Società italiana di malattie respiratorie infantili (Simri), in collaborazione con la Società italiana di malattie infettive pediatriche (Sitip), la Società italiana di allergologia e immunologia pediatrica (Siaip), la Società italiana di emergenza e urgenza pediatrica (Simeup) e la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps).

“La reale diffusione del long Covid tra bambini e adolescenti – spiega la presidente Sip Annamaria Staiano – non è determinata, varia dal 4% al 60% a seconda degli studi, peraltro molto eterogenei. Negli Stati Uniti sono stati diagnosticati oltre 6 milioni di casi di long Covid in bambini e adolescenti (al 10 ottobre 2021) pari al 16% di tutti i casi di long Covid segnalati nell’intera popolazione”. Per la pediatra, “sono necessari ulteriori studi non solo per definire la reale prevalenza del long Covid nei bambini, ma anche per comprendere meglio questa malattia e migliorare il trattamento. Al momento non esistono cure standardizzate; dopo gli accertamenti di routine si praticano le terapie sulla base del sintomo prevalente. Nel frattempo, la vaccinazione appare fondamentale per proteggere bambini e adolescenti dalle possibili conseguenze a lungo termine del Covid-19”.

Si può parlare di long Covid dopo 3 mesi dalla diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 in presenza di sintomi che perdurano da almeno 2 mesi e non possono essere spiegati da un’altra diagnosi. Dunque, per i pediatri è importante valutare la possibile presenza di sintomi al termine della fase acuta tra la quarta e la dodicesima settimana.

“Come per gli adulti, anche per i bambini uno dei sintomi più comuni riscontrato nei lavori scientifici è l’affaticamento persistente che riportano fino all’87% dei pazienti con long Covid – afferma Susanna Esposito, responsabile del tavolo tecnico Malattie infettive e vaccinazioni della Sip – Altri sintomi ai quali prestare attenzione sono: cefalea, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, dolore addominale, mialgia o artralgia, dolore toracico persistente, mal di stomaco, diarrea, palpitazioni cardiache e lesioni cutanee. I sintomi neuropsichiatrici persistenti sembrano essere i disturbi più comuni nei bambini e negli adolescenti che hanno avuto il Covid-19”, avverte.

“Queste manifestazioni sono solo in parte legate al danno tessutale dovuto alla presenza del virus. In massima parte sono la conseguenza dello stress causato dalla pandemia, indipendentemente dall’azione patogena del virus”, aggiunge Esposito. “Non sembrano invece esserci nei bambini conseguenze importanti a lungo termine sull’apparato respiratorio associate al Covid – spiega Fabio Midulla, presidente della Simri – Abbiamo realizzato un follow-up che da febbraio 2021 a oggi ha coinvolto circa 1.000 bambini seguiti da vari centri pneumologici di tutta Italia, con lo scopo di monitorare gli effetti dell’infezione a lungo termine. Abbiamo riscontrato che questi sono stati soprattutto di tipo psicologico (quali ansia e depressione sino ad arrivare all’autolesionismo), in linea con quanto emerge da altri studi. Non a caso il documento di Consenso raccomanda che i bambini con evidenti sintomi di stress mentale abbiano un supporto psicologico personalizzato”.

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