I russi scavatori: i soldati mandati al macello
I russi hanno iniziato a scavare nelle retrovie di Vovchansk per assicurarsi una sottile fascia difensiva profonda poco più di due chilometri e mezzo ed estesa all’incirca sei
I russi scavatori: i soldati mandati al macello
I russi hanno iniziato a scavare nelle retrovie di Vovchansk per assicurarsi una sottile fascia difensiva profonda poco più di due chilometri e mezzo ed estesa all’incirca sei
I russi scavatori: i soldati mandati al macello
I russi hanno iniziato a scavare nelle retrovie di Vovchansk per assicurarsi una sottile fascia difensiva profonda poco più di due chilometri e mezzo ed estesa all’incirca sei
I russi hanno iniziato a scavare nelle retrovie di Vovchansk per assicurarsi una sottile fascia difensiva profonda poco più di due chilometri e mezzo ed estesa all’incirca sei
Piatykhatky – In mancanza d’una strategia migliore per attaccare e trovandosi in buona parte circondati all’interno del complesso industriale di Vovchansk in cui hanno finito per infognarsi, i russi hanno iniziato a scavare nelle retrovie di Vovchansk per assicurarsi una sottile fascia difensiva profonda poco più di due chilometri e mezzo ed estesa all’incirca sei. In quell’esile perimetro hanno il compito di nascondere non solo sé stessi dal tiro dell’artiglieria e dai droni ucraini ma una delle più vergognose pagine della loro offensiva militare. Che quella su Kharkiv non avrebbe potuto concludersi altrimenti l’avevamo capito (e scritto) dal campo fin da subito, quando la stragrande maggioranza dei quotidiani italiani titolavano perentoriamente alludendo invece a risvolti drammatici per Kyiv.
I russi hanno fallito miseramente, finendo per impantanarsi in quella zona grigia che non sono mai riusciti a sfondare. I loro generali continuano a riversare truppe all’interno di quel vicolo cieco che è per loro Vovchansk ben sapendo di gettarle in un tritacarne senza via d’uscita, allo scopo di concedere ai propri ingegneri il tempo d’erigere qualche fortificazione un po’ più solida delle trincee che stanno disperatamente tentando di scavare. In quel delirante gioco al massacro finora hanno perso una quindicina d’escavatori e qualche centinaio d’uomini, per realizzare a Nord-Ovest di Vovchansk qualche terrapieno lungo a malapena da 100 a 400 metri.
Dopo l’enorme hype mediatica che hanno sollevato per mesi, perdere anche quella sottile striscia di terra bruciata – che oggi scanalano frettolosamente quanto basta per seppellire i propri stessi uomini – sarebbe un’umiliazione paragonabile al fallito blitz su Hostomel’ o alla ritirata da Kherson. Da parte ucraina la cadenza di fuoco è notevolmente migliorata: in previsione dell’ulteriore munizionamento promesso, le ЗСУ non hanno alcun motivo di tirarsi indietro né di consentire agli occupanti di scavare altro che le proprie stesse fosse. La loro definitiva scacciata da quella sottile lingua dell’oblast’ di Kharkiv potrebbe infatti avvenire entro un mese o poco più.
Dal momento che la situazione a Vovchansk è quella appena descritta e che a Lyptsi le truppe russe non sono neppure riuscite a sfondare – limitandosi a bersagliarla con la propria artiglieria – appare bizzarro leggere su altri giornali italiani che entrambe sarebbero cadute. Per i russi il mese di maggio è stato il più sanguinoso dall’inizio della guerra: le perdite sono state così consistenti da risultare per la prima volta maggiori rispetto ai 30mila disgraziati che Mosca raccatta ogni mese con la promessa d’un futuro migliore. Come confermato anche al “The New York Times” dalle agenzie d’intelligence di Stati Uniti, Gran Bretagna e altri Paesi occidentali, la fallita offensiva su Kharkiv è costata infatti mediamente all’esercito russo milleduecento uomini al giorno, per un bilancio complessivo del solo mese di maggio compreso fra 31mila e 37mila morti. Nonostante ciò, Mosca continua a riversare sul campo di battaglia 25-30mila nuove unità ogni mese, consentendo al proprio Comando di proseguire operazioni insensate e suicide come quella appena descritta.
Nel frattempo le Forze armate ucraine hanno colpito ieri mattina con un drone il sesto deposito petrolifero russo in un mese, danneggiando gravemente quello di Michurinsky, a Tambov. Appena otto giorni prima attaccavano nella stessa regione anche quello di Platonovka (distretto di Rasskazovskij) e poi ancora altri a Briansk, Smolensk, Kursk, Voronezh e Rostov. Rispetto a quanto paventato nei mesi precedenti si può dunque concludere che il mese di giugno che sta per terminare ha visto consolidarsi il reparto difensivo ucraino e sgretolarsi (nuovamente) quello offensivo russo, a riprova del fatto che – al di là dei cambi al vertice della Difesa – esso manchi gravemente d’un corpo ufficiali degno di tale nome.
di Giorgio Provinciali
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