I segnali lanciati ieri dal Cremlino vanno accolti con soddisfazione, purché non eccessiva. L’unica certezza è che non si può ridurre la pressione diplomatico-economica su Mosca.
Ieri è stata una buona giornata sul fronte della crisi russo-ucraina. Indiscutibile che i segnali arrivati da Mosca e il (presunto) ritiro di una prima parte del contingente di Mosca dal confine siano segnali da cogliere con soddisfazione. Relativa.
Perché se nel weekend la guerra appariva a un passo, dopo le allarmanti indicazioni arrivate dagli Stati Uniti, oggi sarebbe quantomeno ingenuo tirare un sospiro di sollievo più grande del consentito. La sensazione è che tanto nei momenti più sconfortanti che in quelli più incoraggianti il carosello delle reciproche provocazioni e dei bluff semplicemente continui. Annusando la controparte.
Non una brutta notizia, perché con uomini impenetrabili come Vladimir Putin anche questa è diplomazia. Una diplomazia rischiosa e certamente ‘irregolare’, costruita giorno per giorno provando a captare umori e segnali dal Cremlino. Un “gioco“ pericoloso e sfibrante, che può essere portato avanti solo con gigantesche dosi di sangue freddo. Senza deprimersi, dunque, esaltarsi o festeggiare anzitempo.
Una cosa è certa: non si può ridurre la pressione diplomatico-economica su Mosca, in cambio di fantasmatici ritiri. Bisogna tenere il punto. L’enigma-Putin, del resto, offre ben poche certezze, fra queste un istintivo rispetto per le posizioni forti e nette.
Oggi, intanto, è un altro giorno.
di Fulvio Giuliani
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