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Giustizialisti e garantisti ad amici alterni

Sul processo di Matteo Salvini per la vicenda Open Arms una cosa è già chiara: è ancora in atto la maledizione dell’uso politico della giustizia

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Giustizialisti e garantisti ad amici alterni

Sul processo di Matteo Salvini per la vicenda Open Arms una cosa è già chiara: è ancora in atto la maledizione dell’uso politico della giustizia

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Giustizialisti e garantisti ad amici alterni

Sul processo di Matteo Salvini per la vicenda Open Arms una cosa è già chiara: è ancora in atto la maledizione dell’uso politico della giustizia

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Sul processo di Matteo Salvini per la vicenda Open Arms una cosa è già chiara: è ancora in atto la maledizione dell’uso politico della giustizia

Temo che non ce la faremo mai. Non riusciremo a liberarci dalla maledizione dell’uso politico della giustizia. Intesa come avvisi di garanzia, richieste di condanna, di archiviazione, sentenze rigorosamente di primo grado o al massimo d’appello.

Non ho la più pallida idea di come andrà a finire il processo in cui è imputato il vicepresidente del Consiglio e leader della Lega Matteo Salvini per la vicenda Open Arms. Ho letto – come tutti – la (dura) richiesta del pm, che a quanto mi risulta e in un Paese minimamente civile sarebbe la richiesta dell’accusa. Nulla più, in attesa che il processo vada avanti e arrivi alla sentenza di primo grado. Primo grado, ripetiamo. Fermiamoci qui, provando ad anticipare l’effetto di queste parole: la prevedibilissima accusa di fascismo, di essere tifoso di Matteo Salvini, Giorgia Meloni, del centrodestra, di Berlusconi, di Almirante o dei marziani, considerato che nel frattempo si è divertito a sparare un po’ di parole a caso anche Elon Musk.

Il problema è eminentemente politico: fin quando si penserà di battere il proprio avversario per via giudiziaria – facciamoci la cortesia di non raccontarci la clamorosa balla che non sia così da trent’anni a questa parte come minimo – non andremo da nessuna parte. Resteremo incompleti, immaturi e – quanto al rapporto fra politica e magistratura – destinati a finire ostaggio ora di questa, ora di quest’altra procura.

Del Salvini ministro dell’Interno che “chiuse i porti“ non ho nessun ricordo positivo. Ho criticato alla radio o per iscritto, sempre nel modo più netto e inequivocabile, quelle scelte che misero in enorme imbarazzo le donne e gli uomini della nostra Marina Militare. Oltre che causare la vicenda oggetto del procedimento in corso.
Non ho mai creduto neppure per un istante alla retorica dei “porti chiusi“ e del cattivismo un tanto al chilo, però non sono così ingenuo da non riuscire a notare gli accenti scelti dall’accusa nella richiesta di condanna. Toni che non esito a definire politici e che (in un mondo ideale, me ne rendo conto…) dovrebbero essere proprio le forze dell’opposizione le prime a sottolineare.

Perché oggi tocca alla maggioranza, domani potrebbe toccare all’opposizione o dopodomani all’opposizione diventata maggioranza, in un girotondo impazzito in cui tutti sono finiti nella tempesta. Come il timing della vicenda dell’ex presidente della Regione Liguria Toti e dei suoi domiciliari revocati poche ore dopo le dimissioni e di altre mille storie passate dalla baraonda degli avvisi di garanzia al nulla delle sentenze. Tanto la regola è sempre la stessa: finché sono coinvolti i nostri avversari ci pavoneggiamo da furibondi giustizialisti, al momento in cui siamo coinvolti noi o i nostri amici ci riscopriamo improvvisamente garantisti.
Una sceneggiata imbarazzante e sconsolante nella sua ripetitività e nei danni che ha provocato al Paese.

di Fulvio Giuliani

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