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Il Giappone

L’ascesa vertiginosa del Giappone fra cinema, tv, sport e arte

Il Giappone che da trent’anni viene raccontato come un gigante assediato da stagnazione, crisi demografica (e tanto altro), vive ora una nuova stagione di grande ribalta culturale

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L’ascesa vertiginosa del Giappone fra cinema, tv, sport e arte

Il Giappone che da trent’anni viene raccontato come un gigante assediato da stagnazione, crisi demografica (e tanto altro), vive ora una nuova stagione di grande ribalta culturale

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L’ascesa vertiginosa del Giappone fra cinema, tv, sport e arte

Il Giappone che da trent’anni viene raccontato come un gigante assediato da stagnazione, crisi demografica (e tanto altro), vive ora una nuova stagione di grande ribalta culturale

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Il Giappone che da trent’anni viene raccontato come un gigante assediato da stagnazione, crisi demografica (e tanto altro), vive ora una nuova stagione di grande ribalta culturale

Solo un mese prima della clamorosa vittoria agli Emmy Awards della serie tv “Shogun”, il governo giapponese aveva istituito uno specifico comitato per la promozione dell’industria dell’intrattenimento. Uno strumento per spingere ulteriormente la tendenza che sta portando il Giappone a un’ascesa vertiginosa fra le superpotenze dell’arte. Cinema, tv, sport, arte: il Paese che da trent’anni viene raccontato come un gigante assediato da stagnazione, crisi demografica, perdita di competitività e pandemia – lo stesso che all’inizio di quest’anno si è visto superare dalla Germania come terza economia mondiale e oggi è tallonato dall’India – vive ora una nuova stagione di grande ribalta culturale.

“Shogun”, la serie tv targata Disney+, ha conquistato la cifra record di 18 premi agli ultimi Emmy Awards, tra cui quello come miglior dramma. Una vittoria che il governo di Tokyo non ha esitato a definire «culturale» ed emblematica della ritrovata rilevanza del Giappone sulla scena globale. Ambientato in un Giappone feudale animato da suggestioni romanzesche, mitologiche, intrecci politici e sentimentali, “Shogun” è recitato quasi interamente in lingua giapponese. «È un fatto abbastanza comune che episodi di inquietudine sociale ed economica possano incentivare una maggiore esigenza di espressione e creatività» spiega Giorgio Amitrano, professore ordinario di Lingua e letteratura giapponese all’Università degli Studi “L’Orientale” di Napoli nonché traduttore in italiano delle opere di Banana Yoshimoto e Haruki Murakami.

Il successo che critica e pubblico hanno riconosciuto a “Shogun” – ma anche alla serie anime “Blue eye samurai” (anch’essa premiata con un Emmy) – sta proprio nel suo essere espressione genuina di linguaggio, narrazione e cultura giapponese. «La scelta di far recitare il cast in lingua originale è stata vincente: il giapponese ha sonorità singolari e spiccate e questo ha conferito unicità alla serie tv, oltre alla cura nell’ambientazione e alla precisione nei riferimenti geografici e storici» sottolinea Amitrano.

Questo risveglio ha investito anche lo sport: nel medagliere finale delle recenti Olimpiadi di Parigi il Giappone si è classificato terzo. Era già accaduto ai Giochi di Tokyo, ma stavolta non ha giocato in casa. Una conferma clamorosa, per un Paese che a Rio 2016 fu solo sesto e che nello sport trova una delle principali soddisfazioni al valore condiviso dell’impegno: «Il successo a Parigi ha ribadito una presenza forte sul piano culturale nel senso più ampio. Lo sport in Giappone è disciplina, impegno e determinazione» osserva Amitrano.

I manga nuovamente sulla cresta dell’onda e gli anime sempre più popolari grazie anche alle piattaforme di streaming, completano uno scenario che conferma alcuni tratti peculiari dell’influenza culturale giapponese: «Si tratta di narrazioni semplici e immediate dal punto di vista grafico, ma ricche di fantasia e sottotesti nelle trame» spiega Amitrano. «Il Giappone contemporaneo affascina perché appare ‘vicino’ allo stile occidentale per tanti aspetti, ma allo stesso tempo è diverso perché in grado di mantenere tradizioni e caratteristiche che lo rendono unico».

di Valentina Monarco

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