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Elisa Ridolfi

Elisa Ridolfi, Targa Tenco miglior opera prima: “La vita è una musica”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elisa Ridolfi, vincitrice della Targa Tenco per la miglior opera prima con il disco “Curami l’anima”

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Elisa Ridolfi, Targa Tenco miglior opera prima: “La vita è una musica”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elisa Ridolfi, vincitrice della Targa Tenco per la miglior opera prima con il disco “Curami l’anima”

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Elisa Ridolfi, Targa Tenco miglior opera prima: “La vita è una musica”

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elisa Ridolfi, vincitrice della Targa Tenco per la miglior opera prima con il disco “Curami l’anima”

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Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elisa Ridolfi, vincitrice della Targa Tenco per la miglior opera prima con il disco “Curami l’anima”

Niente come l’arte, e la musica in particolare, permette di vivere più vite in un’unico percorso su questo terra. Lo sa bene Elisa Ridolfi, artista vera in continua evoluzione, cantautrice fanese fresca vincitrice della prestigiosa Targa Tenco per il miglior album d’esordio grazie a “Curami l’anima”. Prima interprete a introdurre il fado portoghese in Italia, Ridolfi vanta una lunga collaborazione, tra gli altri, con Eugenio Finardi e Marco Poeta. Dopo anni in giro per festival e mondi diversi, con “Curami l’anima” Ridolfi si è avvicinata alla canzone italiana come autrice a 360 gradi, in un debutto di emozioni profonde e poesia, con il filo rosso di una vocalità unica, affascinate e indubbiamente da scoprire.

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Elisa proprio all’indomani della premiazione sul palco dell’Ariston, per raccogliere le sue emozioni e sapere un po’ di più di lei.

Dopo tanti anni nel mondo della musica, ecco un esordio nel cantautorato, un gran disco e una prestigiosa Targa Tenco. Quali emozioni?

Fino a questi giorni non ho mai partecipato contesti come il Tenco. Sono mondi che ho sempre seguito e osservato, e forse in parte li sentivo vicini, ma erano comunque paralleli al mio. Con questa opportunità, però, ho avuto la possibilità di entrare maggiormente in contatto con la forma canzone, soprattutto grazie alla collaborazione con Tony Canto, che ha deciso di lavorare con me. Questo album cantautorale ci ha portato fino al Tenco, ed è stata un’esperienza del tutto nuova. Io vengo dalla strada, dai festival e dai contesti in cui si suona dal vivo, quindi partecipare a un premio del genere ti permette di vedere il mondo della musica da una prospettiva diversa. Non che non lo conoscessi già, ma viverlo dall’interno, da premiata, ti dà una visione unica, come indossare un paio di occhiali nuovi. Per questo ringrazio di cuore.

Un’esperienza affrontata però con quasi 30 anni di carriera nella musica alle spalle

Devo dire che è stato davvero bello ieri salire sul palco dell’Ariston con una serenità addosso che sento di dover proprio a tutto il percorso che mi ha dato stabilità, come una terra solida sotto i piedi. L’ho sentito profondamente, perché quando realizzi un’opera prima di solito si pensa che sia qualcosa di giovanile, ma in realtà è il primo vero disco come cantautrice, ed è molto diverso. Portare tutta la mia storia su quel palco è stata un’esperienza intensa e gratificante. Mi accorgo subito quando sono in un contesto che non mi appartiene, ma ieri, invece, aveva tutto senso essere lì. È stato un momento naturale, molto armonioso.

Negli anni ho sempre dato il mio contributo autorale, anche se in modo frammentato, diciamo così. Anche il fado, che rappresenta in qualche modo le mie radici, prevede la riscrittura dei testi, un’operazione tipica dei “fadisti”. Quindi, il mio approccio di portare una visione personale nella musica c’è sempre stato, soprattutto nella forma canzone, che è quello di cui stiamo parlando. È come superare delle “colonne d’Ercole”, con strutture precise, quasi tutte in italiano, e quindi strettamente legate al mio linguaggio e alla mia identità.

Le cose accadono da sole: se devo forzarle, non riesco a farle. Ho un passo lento, e considero questo una qualità. Non devo scappare da nulla; aspetto che le cose arrivino a me, e quando succede, so come accoglierle. È esattamente ciò che è successo con questo disco.

Da dove arriva il titolo “Curami l’anima”?

Ho trascorso quasi vent’anni, ormai, lontana dal percorso del fado, durante i quali ho esplorato altri mondi musicali, spesso legati alla musica etnica, alla world music e, naturalmente, anche alla nostra musica d’autore. Ma è stato un viaggio più introspettivo, vissuto da casa, in qualche modo. “Curami l’anima” racconta proprio questo: il legame tra la musica e la vita. La musica appartiene alla vita, ma vivere inseguendo la musica può essere molto doloroso. Allo stesso tempo, la musica ha anche la capacità di essere quell’unguento che ti guarisce, che ti rimette in equilibrio. È totalizzante. La musica è come un’entità che, se la vivi intensamente, ti porta a sperimentare alti e bassi, proprio come la vita stessa. Non si tratta di pensare che la musica sia la vita, ma piuttosto che la vita sia una musica, ed è questo il significato di “Curami l’anima”.

Se dovessi consigliare una canzone da questo disco quale indicheresti?

Ieri abbiamo chiuso con Fili di fado, e per me è il brano manifesto dell’album, perché è uno dei primi che è nato e che ha saputo evolversi nel tempo. Rappresenta perfettamente quel processo di portare la musica fuori di sé e poi riportarla dentro, un movimento continuo che, alla fine, cura l’anima. È un costante scambio tra la musica e la vita. In questo brano la musica si fa sentire, ma anche vedere, come se fosse il filo del destino, che racconti attraverso il suono della voce. È un processo naturale, quasi fisiologico. Questa “matassa” interna, quando viene tirata fuori, quando la senti e la vedi prendere forma, trova la sua pace. È una vera urgenza di raccontare la vita, di esprimerla anche fisicamente. Fili di fado racconta tutto questo con una semplicità disarmante: a filo di voce, non serve altro.

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