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L’eredità di Papa Francesco, parla il prete don Luigi Merola

Il ricordo di Papa Francesco nelle parole di Don Luigi Merola, parroco napoletano dal 2007 presidente dell’associazione “A voce d’e creature” che si occupa di recupero minorile nel territorio napoletano

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Il primo ricordo è anche il più tenero. «In uno dei nostri ultimi incontri mi fece preparare 2mila euro in contanti in una busta, che ho poi ricevuto tramite il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin. Mi disse che noi sacerdoti dobbiamo sempre contribuire a trovare le risorse per chi soffre. Si informò personalmente su quanto avessi sul mio conto corrente. E gli risposi che c’erano appena 500 euro perché il mio stipendio da anni finisce interamente alla mia associazione. Quando aprii quella busta, mi sono emozionato». Don Luigi Merola, parroco napoletano dal 2007 presidente dell’associazione “A voce d’e creature” che si occupa di recupero minorile nel territorio napoletano, affida a “La Ragione” il suo personale pensiero per papa Francesco.

«Ora che è davanti al Signore posso raccontare questa storia che mette in evidenza tutta la sua empatia, la vicinanza agli ultimi, ai bambini bisognosi, agli emarginati. Spero che il futuro papa si chiami Francesco II, così il suo patrimonio non andrà disperso. Il suo pontificato è stato colmo di gesti forti, dalla croce di metallo all’anello d’argento e alla vita a Santa Marta. Gesti che hanno cambiato la Chiesa» dice don Merola, che nei dodici anni di pontificato ha incontrato papa Bergoglio dieci volte. «È stato amato dai cattolici ma anche da tanti atei. Sapesse quanti docenti mi hanno raccontato che si sono avvicinati a Dio grazie al suo lavoro, al suo messaggio».

Ogni incontro con papa Francesco è stato un arricchimento

Ognuno di quegli incontri è stato un arricchimento. «Si chiedeva come fosse possibile che, dopo aver avuto la parrocchia al rione Forcella (nel centro storico di Napoli, ndr.), non ne avessi più avuta una. Mi incitava a non smettere di togliere i bambini dalla strada, a sottrarli alla criminalità. Si preoccupava che vivessi sotto scorta, ricordo che mi diceva di non farlo stare in pena. L’ultima volta che sono stato in Vaticano, dopo la pandemia, mi diede personalmente una corona per ogni bambino presente alla mia associazione». Don Merola descrive poi il rapporto tra il pontefice e Napoli, che aveva visitato nel 2015 recandosi in particolare al quartiere di Scampia. «Si sentiva legato alla città perché vi rivedeva in parte la ‘sua’ Buenos Aires, per le condizioni di povertà in alcuni quartieri e il ‘cuore’, l’empatia verso il prossimo».

Don Luigi Merola: “Francesco è stato il papa del Vangelo”

Secondo il parroco «Francesco è stato il papa del Vangelo, per la prima volta dopo decenni gli ultimi hanno avuto un ruolo importantissimo. Ha sempre bacchettato sacerdoti e vescovi spiegando che la prima ‘pulizia’ andava fatta nella Chiesa. Francesco è stato il primo pontefice che ha mandato in carcere sacerdoti e vescovi pedofili, in 12 anni ne sono stati arrestati 326. È stato un papa che non ha parlato, ma ha fatto. Un papa che voleva risolvere i problemi, anche pragmatico. E, da pragmatico, secondo me è morto di crepacuore perché non è riuscito a vedere la pace in Ucraina. E pensare che era stato uno dei pochi a crederci quando non ci credeva nessuno. Si disse subito disponibile ad andare a trattare personalmente con Putin» riflette amaro don Merola.

Il ricordo del parroco continua. «Francesco ha fatto quello che la politica non ha mai neanche provato a fare in tanti anni, ossia occuparsi ogni giorno delle esigenze delle persone. Quando diceva “Il pastore è tale se ha l’odore delle pecore”, veramente lo pensava perché era stato lui stesso uno degli ultimi. Non dimentichiamo che la sua prima visita fu a Lampedusa, dove ricordò che l’immigrato viene non per delinquere ma per salvarsi. Se delinque, vuol dire che non c’è una politica disposta ad ascoltare e a fare qualcosa per lui».

di Nicola Sellitti

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