Spalletti, un inquieto in panchina
Un uomo impetuoso, complesso, avvolto dal dubbio. La biografia di Luciano Spalletti – “Il Paradiso esiste… Ma quanta fatica” (Rizzoli) – è un manifesto condito da diversi retroscena

Spalletti, un inquieto in panchina
Un uomo impetuoso, complesso, avvolto dal dubbio. La biografia di Luciano Spalletti – “Il Paradiso esiste… Ma quanta fatica” (Rizzoli) – è un manifesto condito da diversi retroscena
Spalletti, un inquieto in panchina
Un uomo impetuoso, complesso, avvolto dal dubbio. La biografia di Luciano Spalletti – “Il Paradiso esiste… Ma quanta fatica” (Rizzoli) – è un manifesto condito da diversi retroscena
Un uomo impetuoso, complesso, avvolto dal dubbio. Corroso perennemente dal pensiero di essere frainteso oppure di essere sottostimato, di non essere capito. Perché nel suo lavoro c’è sempre la fatica, come quella nei campi della tenuta agricola sulle colline toscane, che però gli dà piacere. La biografia di Luciano Spalletti – “Il Paradiso esiste… Ma quanta fatica” (Rizzoli), scritta dal giornalista Giancarlo Dotto – è il manifesto condito da diversi retroscena di uno dei personaggi più controversi dello sport italiano. Un maestro di calcio, Luciano Spalletti. Uno di quelli che non si lasciano scivolare addosso nulla, ricordano tutto, si appuntano mentalmente ogni dettaglio. Spalletti ha avvertito il bisogno fisico ed emotivo di far sapere agli altri come sono andate le cose, allontanando ogni possibile nuvola intorno alle sue scelte professionali, che sia l’addio al Napoli o l’addio di Francesco Totti al calcio. E che trova calma (anzi “halma”, per dirla nel suo accento toscano) solo tra gli amici di sempre, i familiari stretti, gli animali.
In apertura della biografia c’è la Nazionale e Spalletti va diretto al punto, provando a dissipare le indiscrezioni che filtrano da quasi due anni: non esisteva l’opzione di finire a Coverciano (ma neppure alla Juventus) una volta chiusa la parentesi vincente due anni fa con il Napoli. La parentesi si è chiusa – lo chiarisce in più occasioni – a causa del deteriorato rapporto con il presidente del club, Aurelio De Laurentiis. Ha lasciato Napoli, racconta, per staccare da lui piuttosto che per staccare dal calcio.
Poi Spalletti passa in rassegna la carriera: gli inizi in Toscana, gli insegnamenti di babbo Carlo, del fratello Marcello. L’inquietudine di voler arrivare alla definizione di “allenatore credibile”. Poi c’è il capitolo Roma: quello su Totti, che adora ancora «come un figlio» e con cui ha ricucito il rapporto (ma il passato deve fargli ancora tanto male). Poi ancora la Russia, dove ha vinto due campionati con lo Zenit. E ancora l’Inter, forse la tappa che lo ha coinvolto meno dal punto di vista emotivo rispetto a Roma e Napoli. Luciano, inquieto e oscillante tra silenzi e celebri deflagrazioni, fa intendere di aver trovato la quadra nel capoluogo partenopeo, non soltanto per lo scudetto vinto due anni fa. Napoli e il Napoli sono il baricentro del suo libro. Gioia e dolori, creatività e caos: il tempo di annusarsi il primo anno, poi di capirsi e innamorarsi perdutamente e reciprocamente. È la città che lo ha maggiormente compreso e forse rispettato, che ha accolto il suo genio creativo e che ha saputo assorbirne la personalità.
Spalletti dubbioso, mai nostalgico. Uno che si scrive nome e cognome dei cronisti che fanno le domande in conferenza stampa, ma anche uno generoso, che si emoziona a produrre gioia per gli altri. La biografia dell’allenatore toscano nato a Certaldo (il paese natale di Giovanni Boccaccio) serve anche per sparare un paio di palle incatenate. In quei casi – anche se Spalletti è noto per i discorsi ingarbugliati che si perdono in diverse subordinate e coordinate alla principale – il ct non usa filtri: De Laurentiis e Ilary Blasi (ma soprattutto il primo) sono i destinatari di giudizi negativi netti, inequivocabili. E c’è spazio anche per Svizzera-Italia 2-0 agli Europei del 2024: il vuoto emotivo, il gelo, la risalita. Si spera verso i Mondiali del prossimo anno.
di Nicola Sellitti
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