Affilati, la telefonata fra Trump e Putin
La telefonata fra Trump e Putin ha provocato molte polemiche. Nel mentre, si continua a ripetere che nei negoziati l’Unione Europea sarebbe la grande assente. Ma ad essere assenti, in realtà, sono i negoziati

Affilati, la telefonata fra Trump e Putin
La telefonata fra Trump e Putin ha provocato molte polemiche. Nel mentre, si continua a ripetere che nei negoziati l’Unione Europea sarebbe la grande assente. Ma ad essere assenti, in realtà, sono i negoziati
Affilati, la telefonata fra Trump e Putin
La telefonata fra Trump e Putin ha provocato molte polemiche. Nel mentre, si continua a ripetere che nei negoziati l’Unione Europea sarebbe la grande assente. Ma ad essere assenti, in realtà, sono i negoziati
Si continua a ripetere che nei negoziati l’Unione Europea sarebbe la grande assente, in realtà sono assenti i negoziati. Fin qui Putin ha costantemente rifiutato ogni ipotesi di composizione diplomatica. Riservandosi il diritto di prendere in giro quelli che hanno la vocazione a essere presi in giro. Affermando che sarebbe meglio negoziare anziché guerreggiare e che la pace è a portata di mano, se solo gli si concede tutto quello che chiede.
E quel che chiede non è solo un brano di carne ucraina. Ma pure il diritto di prendersi domani anche il resto e di farlo anche con altri vicini, che dovrebbero essere all’uopo disarmati e resi neutrali. Quel che chiede è di riavere indietro lo spazio dell’Unione Sovietica, compreso il diritto di influenza e veto sui governi dei Paesi deprivati di sovranità. Davanti a un Trump che è partito acconsentendo all’impostazione di Putin e aggredendo Zelensky, sono stati proprio gli europei, ritrovando una forte e importante intesa con il Regno Unito, a bloccare un cedimento che tendeva allo sbracamento.
La telefonata di ieri fra Trump e Putin è comunque il segno della consapevolezza che la partita non sarà mai risolta sul campo di battaglia. La Russia non riuscirà a vincere, quindi perdendo l’invasione; l’Ucraina può resistere, ma non certo prevalere. La condizione posta per una seria riapertura del dialogo diplomatico era stata quella di un immediato cessate il fuoco, ma Putin l’ha escluso e subordinato al raggiungimento degli accordi. Il che è del tutto illogico, perché in quel caso sarebbe da considerarsi chiusa la guerra e non aperta una tregua. Trump, insomma, può ben sostenere di essere il solo interlocutore accettato da Mosca – ruolo guadagnatosi cedendo tutto in anticipo – ma non sembra avere ottenuto altro. La sola conquista di Putin è avere riportato indietro il tempo e avere riattivato la linea di comunicazione della Guerra fredda, il che gli è costato la subordinazione alla Cina.
Se il filo telefonico ha dato poche soddisfazioni occorre adesso che siano affilati i criteri con cui andare avanti e prepararsi ai passi successivi. Quando Putin dice che si è «sulla strada giusta» intende dire che si è in mezzo a una strada e che l’approdo è lontano. Sia nel tempo che nel contenuto.
Questa è la situazione, che fare? Intanto si deve assicurare all’Ucraina quel che serve per resistere. Financo Prevost è stato esplicito, parlando di «Ucraina martoriata» e ricevendo subito il capo del governo di quel Paese. Non c’è spazio per l’equidistanza, ma neanche per il tentato disimpegno statunitense. Quindi, prima di tutto, alimentare il sostegno all’Ucraina. Al contempo, e in coerenza, rendere le democrazie europee autonome nel dimostrare a Putin che ogni pretesa di ricostruzione dello spazio sovietico è da considerarsi fuori dalla storia e dalla realtà. Sotto questo profilo i punti più avanzati di tale posizione sono il triangolo di Weimar (Francia, Germania e Polonia) e i Volenterosi (con il Regno Unito). Non si tratta di gruppi esclusivi, ma è bene che escludano quanti ne minino l’unità e la determinazione. Esserne fuori, per l’Italia, sarebbe un enorme danno storico, politico, morale ed economico.
La presidente del Consiglio ha il considerevole merito di avere appoggiato, dall’opposizione, le scelte del governo Draghi e ha avuto il coraggio, anche alla Casa Bianca, di ribadire la condanna della Russia quale aggressore. Tale posizione è entrata in crisi con l’avvento delle sconsideratezze di Trump e della sua squadra, ma la linea non è cambiata. Poi si sono aggiunti errori gravi, come l’incosciente (e autolesionista) appoggio a un estremista rumeno (Dan, il vincitore, è una buona destra), la falsa motivazione per distinguersi dai Volenterosi, quindi l’inutilissima petulanza polemica fra alleati che hanno comuni interessi, a cominciare dai francesi.
Ieri si è avuta la conferma che la guerra e la storia continuano. E no, non è possibile considerarsene fuori. S’impari a essere affilati, non defilati.
di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

L’Ucraina e le guerre del futuro

La Romania dopo il voto. E dopo gli svarioni di casa nostra

Dopo il blackout, in Spagna non si sono placate le polemiche. E ancora si cercano le cause
