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Trump verso il fallimento politico in Siria

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Trump «peacemaker» (pacificatore) della Siria? Ci sono forti dubbi che le ultime mosse di Trump possano portare a degli esiti positivi. Come quella di legittimare il presidente Ahmed al-Sharaa

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Trump verso il fallimento politico in Siria

Trump «peacemaker» (pacificatore) della Siria? Ci sono forti dubbi che le ultime mosse di Trump possano portare a degli esiti positivi. Come quella di legittimare il presidente Ahmed al-Sharaa

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Trump verso il fallimento politico in Siria

Trump «peacemaker» (pacificatore) della Siria? Ci sono forti dubbi che le ultime mosse di Trump possano portare a degli esiti positivi. Come quella di legittimare il presidente Ahmed al-Sharaa

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Gerusalemme – Dopo il suo viaggio in Medio Oriente, l’emittente Fox News ha definito il presidente americano Donald Trump «peacemaker» (pacificatore) della regione. Non tutti sono però d’accordo. In Israele (e non solo) ci sono forti dubbi che le ultime mosse di Trump possano portare a degli esiti positivi. Come quella di legittimare il presidente ad interim siriano Ahmed al-Sharaa.

Durante una recente audizione al Senato, il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha avvertito che la Siria potrebbe essere a poche settimane da una nuova guerra civile di «proporzioni epiche». Che potrebbe portare il Paese alla divisione. Se la valutazione di Rubio è corretta, l’Arabia Saudita e la Turchia avrebbero presentato a Trump un’immagine di Ahmed al-Sharaa che non corrisponde alla realtà. Vorrebbe dire che il presidente siriano non avrebbe alcun controllo effettivo sul Paese.

Diliman Abdulkader, noto esperto di origine curda, ha commentato: «L’immagine di autorità presentata da Jolani (nome di battaglia di Al-Sharaa, ndr) sarebbe soltanto una facciata. Fatta di dichiarazioni audaci, foto elaborate e minacce». Abdulkader ha poi aggiunto: «La Siria è piena di jihadisti. Questa è una ricetta per il disastro che potrebbe scatenare la guerra civile di cui ha parlato il segretario Rubio. Questo ci dice che le minoranze dovrebbero prepararsi in tutta la regione. Le Syrian Democratic Forces (Sdf) guidate dai curdi nel Nord-Est della Siria non si dissolveranno tanto presto come i simpatizzanti di Jolani vorrebbero farci credere».

Se scoppiasse una guerra civile in Siria, Trump si troverebbe davanti a un importante fallimento in politica estera dal quale difficilmente potrebbe riprendersi. Israele avrebbe preferito che l’amministrazione americana avesse sostenuto le minoranze nel Paese. In maniera particolare i curdi e i drusi, di cui una numerosa comunità è parte del tessuto sociale israeliano. Trump però non vuole nemmeno il federalismo per la Siria, preferendo puntare su un governo centrale. Completamente controllato da al-Sharaa, sostenuto dal suo ‘amico’ presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e adesso anche dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.

Il professor Çeleng Omer, analista curdo del Middle East Media Research Institute (Memri) e residente nella Siria settentrionale, aveva scritto agli inizi di aprile che – anche con la revoca delle sanzioni – la presenza di migliaia di jihadisti stranieri, i massacri delle minoranze e la dichiarazione di una Costituzione non approvata dai vari gruppi etnici costituiscono una chiara prova dell’incapacità di Al-Sharaa di rispondere alle richieste di una governance inclusiva e rappresentativa. Per Omer ciò che sta accadendo in Siria «indica invece un tentativo da parte degli islamisti di monopolizzare il potere».

Gli Stati Uniti avevano già spinto i curdi dell’Sdf a firmare un accordo con al-Sharaa senza che fossero coinvolti nella stesura della Costituzione provvisoria. Che menziona la Shari’a come la principale fonte della legislazione della Siria. Se pertanto la situazione in Siria dovesse deteriorarsi la colpa verrà data principalmente a Trump. Che ha preferito non ascoltare i suoi alleati strategici – i curdi e Israele – preferendo i consigli dell’Arabia Saudita, della Turchia e anche del Qatar. Con cui può fare affari.

Di Anna Mahjar-Barducci

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