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Mattarella e il Medio Oriente. Che fine hanno fatto politica ed equilibrio?

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Le parole dedicate domenica da Mattarella alla tragedia mediorientale, al dramma della pace impossibile e in modo specifico a quello del popolo palestinese senza una patria hanno suscitato commenti, raccolto applausi. E fatto sollevare qualche sopracciglio

Mattarella

Mattarella e il Medio Oriente. Che fine hanno fatto politica ed equilibrio?

Le parole dedicate domenica da Mattarella alla tragedia mediorientale, al dramma della pace impossibile e in modo specifico a quello del popolo palestinese senza una patria hanno suscitato commenti, raccolto applausi. E fatto sollevare qualche sopracciglio

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Mattarella e il Medio Oriente. Che fine hanno fatto politica ed equilibrio?

Le parole dedicate domenica da Mattarella alla tragedia mediorientale, al dramma della pace impossibile e in modo specifico a quello del popolo palestinese senza una patria hanno suscitato commenti, raccolto applausi. E fatto sollevare qualche sopracciglio

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Le parole dedicate domenica dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla tragedia mediorientale, al dramma della pace impossibile e in modo specifico a quello del popolo palestinese senza una patria hanno suscitato commenti, raccolto applausi. E fatto sollevare qualche sopracciglio.

Tutto come normale e giusto sia in democrazia. La norma dell’equilibrio e della razionalità, davanti a un conflitto secolare e all’esigenza di saperlo inquadrare in un contesto che va molto oltre la vita di ciascuno di noi.

Le parole su un’intera popolazione ridotta alla fame non necessitano di commenti, perché non esiste chi possa dirsi in qualche misura critico. Si può negare, come fa il premier israeliano Netanyahu ma quella è un’altra storia.

Quando ha parlato di “focolare” di patria per i palestinesi, Sergio Mattarella ha raccolto l’ovazione “automatica” di chi ha sempre pensato e sostenuto che quello di Israele sia un sopruso e stop.

Il Presidente, però, da persona razionale, da politico equilibrato e dotato di memoria storica ha detto anche molto altro. Sottolineando il diritto all’autodifesa di Israele, ricordando il dramma degli ostaggi del 7 ottobre, la bestialità dei tagliagola di Hamas. Su tutto questo, molti fanno gli gnorri o finta di non aver sentito, letto, compreso.

Perché questa è l’epoca delle fazioni, dei tifosi in servizio permanente effettivo. Della politica ridotta a curva da stadio, in mano agli ultras si intende.

Lo spazio per la razionalità si comprime sempre più. Fino quasi a sparire in un magma indistinto, in cui a vincere sono i toni apocalittici. I tifosi delle soluzioni estreme e per loro natura impossibili.

Che fine ha fatto la politica? Dov’è finita la capacità di analisi, di confronto severo e serio, partendo dall’assunto che nessuna crisi sarà mai risolvibile senza concessione reciproche? Nel caso di specie, senza un riconoscimento dei rispettivi diritti fra israeliani e palestinesi.

Si pensi alla scomposta risposta del governo israeliano – e non è la prima volta, dobbiamo sottolinearlo – all’intervento del Presidente francese Emmanuel Macron sulla necessità di riconoscere lo Stato della Palestina. Si può essere fermamente contrari, si può criticare con forza Macron, ma non si può dare dell’antisemita al presidente francese per aver esposto questa tesi.

L’equiparazione critiche al governo israeliano = antisemitismo è intollerabile. Perché eleva a posizione politica un puro ricatto morale del tutto ingiustificato e gravido delle peggiori conseguenze.

È, ancora una volta, la razionalità che se ne va a pallino. La propaganda buona per i tifosi più accesi che sostituisce la riflessione, l’equilibrio, la volontà di cercare sempre e comunque una via d’uscita. Ecco perché le parole del Presidente della Repubblica sono destinate a scivolar via in fretta. A meno che qualcuno non ne prenda per buona solo una porzione e ne faccia una bandiera di parte scatenando l’ennesimo, inutile putiferio polemico.

di Fulvio Giuliani

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