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Sanzioni UE Russia

La Russia nel pozzo

Spesso si sente affermare che le sanzioni economiche imposte dall’Unione europea e dall’Occidente alla Russia non funzionino come dovrebbero o comunque non abbastanza. Falso. Le sanzioni economiche funzionano ma ovviamente c’è bisogno di tempo.
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La Russia nel pozzo

Spesso si sente affermare che le sanzioni economiche imposte dall’Unione europea e dall’Occidente alla Russia non funzionino come dovrebbero o comunque non abbastanza. Falso. Le sanzioni economiche funzionano ma ovviamente c’è bisogno di tempo.
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Spesso si sente affermare che le sanzioni economiche imposte dall’Unione europea e dall’Occidente alla Russia non funzionino come dovrebbero o comunque non abbastanza. Falso. Le sanzioni economiche funzionano ma ovviamente c’è bisogno di tempo.
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Spesso si sente affermare che le sanzioni economiche imposte dall’Unione europea e dall’Occidente alla Russia non funzionino come dovrebbero o comunque non abbastanza. Falso. Le sanzioni economiche funzionano ma ovviamente c’è bisogno di tempo.
Calma e gesso. Nella frenesia dei commenti di politici, opinionisti ed esperti vari (il cui numero si è miracolosamente moltiplicato da quando è scoppiata la guerra in Ucraina) capita spesso di sentir affermare che le sanzioni economiche imposte dall’Unione europea e dall’Occidente alla Russia non funzionino come dovrebbero o comunque non abbastanza. Falso. Le sanzioni economiche funzionano ma ovviamente, non trattandosi di una bomba a grappolo che tirata esplode al momento, hanno bisogno di tempo per sprigionare al massimo i loro effetti. Intanto, e questo va sottolineato, alcuni importanti effetti già si vedono. “The Wall Street Journal” (mica, detto con rispetto, “Topolino”), in un’analisi sulla guerra in corso, ha evidenziato i primi danni per il mercato del petrolio russo dovuti appunto alle sanzioni. La produzione dell’oro nero in Russia infatti sta rallentando e questo rappresenta – scrive – «un colpo al principale motore della crescita economica di Mosca». Un chiaro effetto innescato dalle sanzioni occidentali la cui efficacia prolungata, nel medio periodo,  dipenderà anche dalla capacità che avrà Putin di trovare compratori alternativi in Asia per il greggio russo (e non solo). Pure su questo argomento tocca sfatare una convinzione da chiacchierate in tv, assai diffusa in Italia: ovvero che la Cina stia già sostenendo la Russia per aiutarla a controbilanciare i danni delle sanzioni sul mercato occidentale. Sino a ora, e lo sottolinea sempre “The Wall Street Journal”, non si registrano segnali di un incremento di acquisti da parte della Cina, ragione per cui le scorte russe di greggio rimaste invendute cominciano ad accumularsi, sino al rischio di star quasi esaurendo gli spazi disponibili nei serbatoi. Detto dell’efficacia delle sanzioni economiche, i cui effetti negativi per la Russia logicamente aumenteranno con il passare del tempo, e raccontato del comportamento avuto sinora dalla Cina dal punto di vista economico, rimane una domanda cui rispondere per completare il quadro di analisi: c’è la possibilità che Pechino cambi la propria linea attuale cominciando ad acquistare petrolio dalla Russia assai massicciamente per compensare il fermo sul mercato occidentale? In politica niente è impossibile ma questo cambio oggi, per gli elementi che abbiamo, appare improbabile. La Cina è una grande potenza economica globale, oltre che militare, e questa sua forza le deriva per buona parte dal fare affari anche con l’Occidente. Infilarsi in una strada dove i danni economici rischierebbero di essere maggiori dei benefici sarebbe per il governo cinese un grave errore e del resto, sino a oggi, Pechino si è distinta in questa crisi ucraina soprattutto per il suo equilibrio nello scacchiere internazionale. Insomma, impoverirsi per Mosca non sembra una via adatta ai cinesi.   di Jean Valjean

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