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campagna elettorale conte

La campagna elettorale di Conte al Sud è il ricatto dell’assistenzialismo

Sembra che dalla campagna elettorale di Giuseppe Conte al Sud siano bandite le parole “lavoro”, “produttività”, “crescita”. Si dà spazio solo alla lingua dell’assistenzialismo, il metadone che da anni avvelena il Meridione. Chissà quanti meridionali resteranno legati al ricatto elettorale e quanti invece chiederanno invece di essere rappresentati con dignità e ambizione.
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La campagna elettorale di Conte al Sud è il ricatto dell’assistenzialismo

Sembra che dalla campagna elettorale di Giuseppe Conte al Sud siano bandite le parole “lavoro”, “produttività”, “crescita”. Si dà spazio solo alla lingua dell’assistenzialismo, il metadone che da anni avvelena il Meridione. Chissà quanti meridionali resteranno legati al ricatto elettorale e quanti invece chiederanno invece di essere rappresentati con dignità e ambizione.
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La campagna elettorale di Conte al Sud è il ricatto dell’assistenzialismo

Sembra che dalla campagna elettorale di Giuseppe Conte al Sud siano bandite le parole “lavoro”, “produttività”, “crescita”. Si dà spazio solo alla lingua dell’assistenzialismo, il metadone che da anni avvelena il Meridione. Chissà quanti meridionali resteranno legati al ricatto elettorale e quanti invece chiederanno invece di essere rappresentati con dignità e ambizione.
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Sembra che dalla campagna elettorale di Giuseppe Conte al Sud siano bandite le parole “lavoro”, “produttività”, “crescita”. Si dà spazio solo alla lingua dell’assistenzialismo, il metadone che da anni avvelena il Meridione. Chissà quanti meridionali resteranno legati al ricatto elettorale e quanti invece chiederanno invece di essere rappresentati con dignità e ambizione.
Durante la demagogica campagna elettorale – fondata su prebende e regalie – che Giuseppe Conte sta conducendo al Sud, sembra che usare parole quali “lavoro” e “produttività” sia ormai vietato mentre è tutto un inno al gratuitamente e alle soluzioni facili a problemi complessi. Qui noi meridionali lo notiamo ogni giorno, particolarmente colpiti perché quello è il modo di distruggere giovani e futuro. Disabituandoli al senso del sacrificio e dello studio. Chi vuole male al Meridione è ben rappresentato, tra promesse di redditi gratis, ristrutturazioni gratis, riscatti di lauree gratis, Internet gratis e chi più ne ha più ne metta: tanto paga il contribuente, compresi gli elettori dell’avvocato Conte che Grillo definì «incapace». Al Sud i sussidi e i soldi pubblici senza controlli sono il problema e non la soluzione. Chi propone ancora di risolvere le crisi del Mezzogiorno ricorrendo ai vizi che l’hanno causata gioca sulle paure delle persone, approfittando della disperazione di tanti in difficoltà. La ragione di fondo del deperimento del Mezzogiorno non sta nella mancanza di risorse ma nell’uso pluridecennale dei soldi pubblici come metadone, in cambio di un voto a ogni tornata elettorale. Conservare milioni di meridionali nella condizione di questuanti è una scelta di certa politica che nuoce gravemente al tessuto sociale e ne compromette lo sviluppo adulto e maturo. I soldi nel Sud arrivano da anni: troppo spesso distribuiti in forme assistenziali e clientelari, impediscono la nascita di mercati veri e aperti, disabituando le persone al rischio di impresa, alla fatica e al gusto del lavoro. I territori meridionali torneranno ad avere prospettive rosee se si disintossicheranno da questo metadone e quando le locali classi dirigenti affronteranno un’emergenza totale quale quella scolastica. I livelli di apprendimento rilevati dall’Invalsi e il basso numero di laureati non sono indici da Paese sviluppato e occidentale. Gli interventi nelle aree scolastiche svantaggiate e sull’istruzione professionale, come da strategia illustrata nel Pnrr, sono un’ennesima occasione. Vedremo se sfruttata. Il prossimo voto, in primis per chi ha un figlio e si augura che possa eccellere e costruirsi una vita di successi e merito, sarà un appuntamento importante. Non foss’altro per un segnale che si potrà dare, da cittadini. La scorsa volta, nel 2018, la quantità di meridionali che scelse di farsi rappresentare dal M5S fu enorme: in alcuni territori oltre il 50%. Comprare il consenso elargendo sussidi distorsivi dell’economia, dannosi socialmente ma remunerativi elettoralmente (come il reddito di cittadinanza) è un paradigma assai noto. A Napoli si racconta ancora la storia di Achille Lauro che donava scarpe agli elettori: una prima del voto e l’altra dopo, nel caso venisse rispettato il patto e cioè accettato il ricatto della dipendenza dal padrino. Chissà quanti meridionali resteranno legati al ricatto elettorale ancora in questo 2022 e quanti chiederanno invece di essere rappresentati con dignità e ambizione. Determinati a mutare modello, vogliosi di competere da europei in tutto il mondo coi propri talenti. Una delle sfide per tutti i partiti è stata scegliere con quali volti riempire le proprie liste elettorali nel Meridione: troppo spesso il livello non è stato all’altezza delle aspettative di quella parte di Sud mai a suo agio con lo schema della dipendenza ma ostinato a volersi fare strada grazie alle proprie capacità e attitudini al lavoro. La sfida a rappresentare questo pezzo di Paese è ancora aperta. Di Antonluca Cuoco

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