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L’impotenza di Putin

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Orrore puro, ma non nuovo. La pioggia di missili russi di ieri è una fragorosa manifestazione di cupa impotenza. La certificazione dell’incapacità dello zar e della sua cricca di lestofanti di sviluppare una strategia che abbia un senso militare. Una volgare risposta da vicoli bui di una qualsiasi zona malfamata del mondo

L’impotenza di Putin

Orrore puro, ma non nuovo. La pioggia di missili russi di ieri è una fragorosa manifestazione di cupa impotenza. La certificazione dell’incapacità dello zar e della sua cricca di lestofanti di sviluppare una strategia che abbia un senso militare. Una volgare risposta da vicoli bui di una qualsiasi zona malfamata del mondo
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L’impotenza di Putin

Orrore puro, ma non nuovo. La pioggia di missili russi di ieri è una fragorosa manifestazione di cupa impotenza. La certificazione dell’incapacità dello zar e della sua cricca di lestofanti di sviluppare una strategia che abbia un senso militare. Una volgare risposta da vicoli bui di una qualsiasi zona malfamata del mondo
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Ieri, Vladimir Putin voleva solo uccidere. Uccidere per uccidere, per vendicare l’ennesima umiliazione subita dalla sua armata ridicolizzata a più riprese da un avversario che avrebbe dovuto schiacciare in tre giorni. Altro che occhio per occhio, questo dittatore assetato di sangue cerca di eliminare donne e bambini nei parchi giochi , per vendicare la figuraccia di un ponte saltato, per placare gli oltranzisti in casa, per mostrare al suo popolo la faccia di un potere che dovrebbe generare solo disgusto in chiunque abbia conservato un briciolo di umanità. Non saremo mai contro la Russia e i russi, ma alla fine di tutto questo dovremo pur chiederci quale colossale fallimento sia stata la mancata formazione di una pubblica opinione matura in quell’enorme Paese. Quanti volenterosi sostenitori ci siano, per puro e cieco nazionalismo. Lo abbiamo scritto questa mattina su La Ragione, mettere nel mirino i civili è sempre un’infamia – chiunque prema il grilletto – e Putin lo sta facendo dall’inizio di questa follia, in un crescendo di orrori e azioni che non hanno alcuna motivazione bellica. Più che un cambio di passo, uno sconfortante gioco dell’oca con ritorno alla casella di partenza, a quei primi giorni dell’aggressione all’Ucraina, in cui le tronfie e disorganizzate truppe di Mosca cercarono di disarticolare il Paese puntando alla capitale Kiev e al Dombass, ma anche a eliminare fisicamente il presidente Volodomyr Zelenski. I giorni in cui il mondo non credette alla capacità di questo popolo orgoglioso di resistere all’aggressore e offrì la salvezza e il governo in esilio allo stesso Zelenski. Da allora, dovremmo aver imparato che gli ucraini non si arrenderanno e che i russi umiliati sul campo risponderanno alzando sempre più la posta, in una guerra in cui noi siamo considerati nemici al pari del Paese aggredito. Parlare di escalation è corretto, purché si ricordi ogni santo giorno chi abbia voluto questa guerra, chi sia l’unico responsabile, Vladimir Putin. Negare all’Ucraina il diritto di difendersi e di rispondere colpendo obiettivi strategici, comprese le infrastrutture come i ponti, significa essere complici dello zar. Spingere Kiev ad accettare la ‘pace’ dell’aggressore è solo volgare cinismo. L’ennesima riedizione della più squallida delle figure: il lacché del dittatore di turno. Per costoro abbiamo anche uno splendido modello nel cameriere bielorusso Lukashenko, degno e lugubre Quisling del III millennio.   Di Fulvio Giuliani

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