Covid, Moggi (Westpole): “In 2022 rendere smart working e dad standard strutturali”
Roma, 27 gen. (Labitalia) – “La pandemia ha cambiato i sistemi delle relazioni e delle prestazioni nella società, imponendo l’adozione in modo vasto di smart working e didattica a distanza permettendo di sopravvivere in maniera fattiva con la crisi pandemica. Finora, però, i due temi sono stati affrontati nel nostro Paese in un’ottica emergenziale e non attraverso una concezione strutturale. Ci aspettiamo che nel 2022 ci sia una spinta propulsiva per far diventare smart working e Dad a tutti gli effetti come due nuove modalità organizzative e renderle standard funzionali. L’innovazione del Paese attraverso la digitalizzazione rappresenta l’avvio di un periodo di crescita ed emancipazione di cui smart working e didattica a distanza fanno parte integrante”. Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Massimo Moggi, president & ceo di Westpole, azienda europea con oltre 40 anni di esperienza nell’information technology, uffici in Italia, Belgio, Lussemburgo e Francia, e con partner, tra gli altri, del calibro, di Cisco, IBM, Apple, Oracle, Lenovo, Microsoft.
Sempre più smart working e dad, comunque, per Moggi, non vuole ovviamente dire “abolire o rendere inutile la presenza sul posto di lavoro o a scuola. Si tratta di spingere un processo di integrazione fra assetti digitali e in presenza, che comunque abbiano sempre al centro la persona”.
“Ad esempio, nello smart working -continua il presidente e ceo dell’azienda che fattura in Italia 50 milioni di euro sfiorando i 100 a livello europeo- si pone spesso la questione della resa del lavoro con la sua erogazione a distanza. È bene ricordare che numerose ricerche condotte in Italia, Europa e US hanno evidenziato che lo smart working sia stato accompagnato da un aumento della produttività dell’ordine del 3%-5%”.
Secondo Moggi, “anche in Westpole è stato così, specialmente per determinate categorie di workers, come gli addetti all’help desk. Non solo, da noi abbiamo iniziato a sperimentare con un certo successo lo smart working per alcune categorie di lavoro già un anno prima della pandemia. Questo ci ha permesso di essere pronti sia a livello di tecnologie sia di strumenti”.
E anche per quanto riguarda la Dad, “da accademico -spiega Moggi alla guida dell’azienda che è service provider, skill integrator e partner strategico per i progetti di innovazione in ambito It e digitale- riporto la mia esperienza in università: rappresenta una soluzione molto efficace per lezioni ed esami: il timore della perdita di qualità è sostanzialmente infondato, anche in questo caso si confonde il problema generalizzato della qualità dell’insegnamento con la sua erogazione a distanza”.
Ma cosa serve all’Italia per essere all’altezza di questi cambiamenti? “Servono -rimarca Moggi- competenze, strumenti, visione strategica a lungo termine e, ovviamente, risorse economiche. I fondi del Pnrr possono essere decisivi per mettere in atto il cambiamento auspicato, ma per raggiungere lo scopo bisogna far parlare settori e competenze diverse, bisogna uscire dalla logica delle costruzioni verticali in cui ognuno pensa al suo”. “A mio parere è necessario -continua Moggi- costruire soluzioni di innovazione modulari, integrate, trasversali, che vadano a beneficio di tutti. Ecco, se c’è un paradigma che dobbiamo tenere a mente nella transizione è quello della trasversalità e della flessibilità! È indispensabile che nel nostro Paese si mettano in campo tecnologie abilitanti per garantire l’inclusione e l’accesso a tutti. Va ripensato l’equilibrio tra tempi di vita e quelli professionali, fra diritti e doveri”.
“Si parla -continua ancora il presidente e ceo dell’azienda che in Italia assiste aziende pubbliche e private nello scale-up della digital transformation- di hybrid work e phygital workspace. Si sta, infatti, ormai affermando una best practice dove la prestazione professionale viene erogata indistintamente on site o remota, dove le due modalità si mischiano in soluzioni ibride. Dobbiamo, infatti, intendere il lavoro da remoto come una combinazione di soluzioni organizzative, piattaforme tecnologiche di collaboration, process management, sicurezza, reti e modelli normativi coerenti”.
Secondo Moggi, “va posta anche molta attenzione ai modelli di misura. Su questo tema si è detto molto, noi siamo per le misure individuali o di team per poi associarle a forme di contratto ad personam all’interno di schemi condivisi anche con le forze sindacali. Per implementare queste soluzioni occorrono investimenti adeguati in tecnologie ma soprattutto una nuova concezione di management e l’impulso alla formazione a tutti i livelli, in particolare nelle funzioni human resources delle aziende. Dobbiamo andare avanti nella strada intrapresa. Un cambio di marcia che deve essere accompagnato anche nell’ambito normativo, dove in Italia, a parte qualche passo in avanti nel settore privato, siamo ancora indietro”, spiega ancora Moggi.
E un’opportunità per fare grossi passi avanti, sottolinea Moggi, è rappresentata dal Pnrr. “Rappresenta -spiega Moggi- una opportunità per compiere il ‘salto nel presente’. Dad e smart working sono modalità operative che solo poche realtà in Italia erano pronte ad applicare da subito, e che dovevano essere già pronte o quanto meno avviate in tutti i segmenti lavorativi e didattici. Non è stato così: lo sforzo da fare è rendere questi strumenti strutturali”.
Per l’esperto, “scuola e lavoro da remoto hanno molte esigenze sovrapponibili dal punto di vista delle infrastrutture e degli strumenti tecnologici necessari. In entrambi i casi si deve creare un ambiente digitale sicuro e funzionale, adeguato alle funzioni ricoperte da ogni lavoratore ed al livello di apprendimento (se parliamo di studenti). Su tutto domina la necessità di diffondere la connessione internet, sia per le case sia per le scuola, che auspichiamo venga attuata con i bandi appena lanciati”. Secondo Moggi, “il Pnrr contiene le basi per una riforma della scuola in senso innovativo, prevedendo la creazione di oltre 100mila ambienti di apprendimento e sviluppo delle competenze digitali, oppure destinando 1,5 miliardi di euro per la riforma degli istituti tecnici superiori la cui didattica, con nuove discipline, andrà adeguata al sistema produttivo. Bene anche l’attenzione per la crescita della cultura scientifica. Alle discipline Stem e l’internazionalizzazione vengono destinati 1,1 miliardi: il tutto unito ad uno sforzo formativo del personale scolastico più che mai necessario”.
Ma quale dovrà essere nei prossimi mesi il salto da compiere per la nostra pubblica amministrazione dal punto di vista digitale e dell’innovazione? “Premettendo che la normativa in Italia -spiega Moggi- ha fatto passi avanti nel privato e non nel pubblico, vedo che nelle idee del ministro Brunetta prevale la convinzione che lo smart working sia una soluzione temporanea alla pandemia. Credo si fraintenda il problema strutturale della produttività di parte della Pa, con eventuali distorsioni create dallo smart working”.
“In termini tecnologici, il salto da fare è enorme: come ha ben raccontato la ricerca di Bankitalia sull’informatizzazione negli enti locali, l’informatizzazione legata all’erogazione di servizi ai cittadini è ancora molto bassa, con solo il 30% degli enti ( solo per citare un caso) in grado di dare accesso ai servizi tramite Spid. Sempre Bankitalia ci dice solo il 13% degli enti usa almeno una soluzione basata blockchain, Iot o Intelligenza artificiale, mentre l’archiviazione in cloud riguarda il 61% degli enti. I margini di crescita, come è evidente, sono tantissimi. L’importante è non fare passi indietro”, conclude.
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