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Viaggi della speranza, nel 2021 cresce migrazione 4,25 mld verso il Nord

16 Gennaio 2024

Roma, 16 gen. (Adnkronos Salute) – Cercare cure e assistenza migliori rispetto a quelle offerte nella propria regione. Spesso veri e propri viaggi delle speranza, altre volte solo per poter accedere ai percorsi di cura migliori. Nel 2021, “la mobilità sanitaria interregionale in Italia ha raggiunto un valore di 4,25 miliardi di euro, cifra nettamente superiore a quella del 2020 (3,33 mld), con saldi estremamente variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud. Il saldo è la differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, e quella passiva, cioè la ‘migrazione’ dei pazienti dalla Regione di residenza”. E’ quanto rileva il report della Fondazione Gimbe ‘La mobilità sanitaria interregionale nel 2021’in occasione dell’avvio della discussione in Aula al Senato del DdL Calderoli sull’autonomia differenziata. “Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto – Regioni capofila dell’autonomia differenziata – raccolgono – rimarca Gimbe – il 93,3% del saldo attivo, mentre il 76,9% del saldo passivo si concentra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia e Abruzzo”.

“La mobilità sanitaria – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali, etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Un gap diventato ormai una ‘frattura strutturale’ destinata ad essere aggravata dall’autonomia differenziata, che in sanità legittimerà normativamente il divario Nord-Sud, amplificando le inaccettabili diseguaglianze nell’esigibilità del diritto costituzionale alla tutela della salute”.

Complessivamente, secondo il report, “l’86% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in ‘day hospital’ (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,4%). Il 9,4% è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,6% ad altre prestazioni (medicina generale, farmaceutica, cure termali, trasporti con ambulanza ed elisoccorso)”.

Mobilità attiva. Lombardia (18,7%), Emilia-Romagna (17,4%), Veneto (12,7%) raccolgono quasi la metà della mobilità attiva, un ulteriore 25,6% viene attratto da Lazio (9,5%), Piemonte (6,8%), Toscana (4,9%) e Campania (4,4%). Il rimanente 25,6% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 14 regioni e Province autonome. “I dati della mobilità attiva – commenta il presidente Cartabellotta – documentano una forte capacità attrattiva delle grandi regioni del Nord e, con la sola eccezione del Lazio, quella estremamente limitata delle Regioni del Centro-Sud”.

Mobilità passiva. Tre regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni ciascuna: in testa Lazio (12%), Lombardia (10,9%) e Campania (9,3%), che insieme compongono quasi un terzo della mobilità passiva. Il restante 67,9% della mobilità passiva si distribuisce nelle rimanenti 18 Regioni e Province autonome. “I dati della mobilità passiva – commenta Cartabellotta – documentano differenze più sfumate tra Nord e Sud. In particolare, se quasi tutte le Regioni meridionali hanno elevati indici di fuga, questi sono rilevanti anche in 4 grandi Regioni del Nord che presentano un’elevata mobilità attiva. Una conseguenza della cosiddetta mobilità di prossimità, determinata da pazienti che preferiscono spostarsi in Regioni vicine con elevata qualità dei servizi sanitari”. In dettaglio: Lombardia (-461,4 mln), Veneto (-270,3 mln), Piemonte (-253,7 mln) ed Emilia-Romagna (-239,5 mln)”.

I saldi. “I dati – prosegue il presidente – confermano la ‘frattura strutturale’ tra Nord e Sud, visto che le Regioni con saldo positivo superiore a 200 milioni sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud”.

Mobilità verso le strutture private. “Oltre 1 euro su 2 speso per ricoveri e prestazioni specialistiche finisce nelle casse del privato: esattamente 1.727,5 milioni di euro (54,6%), rispetto a 1.433,4 mln (45,4%) delle strutture pubbliche. In particolare, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato 1.426,2 mln mentre quelle pubbliche 1.132,8 mln – sottolinea il report Gimbe – Per le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di 301,3 milioni, quello pubblico di 300,6 milioni”. “Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private – spiega Cartabellotta – varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate, oltre che dell’indebolimento di quelle pubbliche”. Infatti, accanto a Regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva – Molise (90,5%), Puglia (73,1%), Lombardia (71,2%) e Lazio (64,1%) – ci sono Regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Valle D’Aosta (19,1%), Umbria (17,6%), Sardegna (16,4%), Liguria (10%), Provincia autonoma di Bolzano (9,7%) e Basilicata (8,6%).

“Le nostre analisi – conclude Cartabellotta – dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie. E che oltre la metà del valore delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale vengono erogate dal privato accreditato, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. Questi dati, insieme a quelli sull’esigibilità dei Lea, confermano un gap enorme tra il Nord e il Sud del Paese, inevitabilmente destinato ad aumentare se verranno concesse maggiori autonomie alle più ricche Regioni settentrionali”.

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