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Con il cuore di maiale

La storia degli xenotrapianti d’organo è recente e segnata da numerosi insuccessi. Oggi però, grazie alla tecnologia e ai progressi dell’ingegneria genetica si apre una speranza a tutte le persone in attesa di trapianto che non trovano il donatore compatibile.
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Su queste pagine abbiamo già affrontato il tema degli xenotrapianti: organi di animali trapiantati sull’essere umano. A settembre, presso la New York University, era stato infatti trapiantato con successo un rene di maiale su una donna in stato vegetativo, dietro il consenso dei suoi familiari. Prima dell’impianto il rene era stato modificato eliminando una molecola di superficie che il nostro sistema immunitario avrebbe riconosciuto come estranea.

Per comprendere bene la questione dobbiamo sottolineare che il tentativo di utilizzare lo xenotrapianto ha una lunga storia di insuccessi a causa dell’insorgere del rigetto iperacuto. Negli anni Sessanta furono trapiantati su alcuni esseri umani reni di scimpanzé, ma il paziente più fortunato visse nove mesi. Nel 1983 venne trapiantato un cuore di babbuino in un bimbo che visse solo venti giorni. Solo oggi, con i progressi dell’ingegneria genetica – cioè con la possibilità di modificare le caratteristiche cellulari grazie ai progressi della tecnologia Crisp – possiamo in concreto pensare allo xenotrapianto come opzione terapeutica. Grazie a questa tecnologia infatti possiamo introdurre nelle cellule dell’organo di maiale una particolare proteina che taglia e sostituisce un pezzo di Dna. In particolare, modificando il Dna che codifica per i recettori di superficie cellulare, possiamo creare degli organi più simili a quelli umani.

Grazie a tutto questo all’Ospedale dell’Università del Maryland, dopo l’autorizzazione speciale concessa dalla Fda, il paziente David Bennet di 57 anni ha accettato di sottoporsi a un trapianto di cuore donato da un maiale. Il paziente non era stato ritenuto idoneo a ricevere un cuore umano e non era candidabile a una pompa cardiaca artificiale. L’intervento è stato di portata sicuramente superiore a quello avvenuto a New York lo scorso settembre. Innanzitutto il paziente era cosciente e vitale, non in stato vegetativo, e in secondo luogo l’organo trapiantato ha ricevuto modifiche genetiche ancor più sostanziali. Anche questa volta il cuore è stato ingegnerizzato grazie alla tecnologia Crisp dall’azienda biotech Revivicor per evitare il rigetto iperacuto. In particolare sono stati disattivati quattro geni suini, sono stati aggiunti sei geni umani che hanno contribuito a far accettare meglio l’organo ed è stato inibito un altro gene per evitare che il cuore continui a crescere di dimensione dopo l’impianto. Infine, al paziente è stato somministrato un nuovo farmaco immunosoppressore sperimentale con caratteristiche più specifiche nell’ambito degli xenotrapianti.

Se si confermasse la possibilità di rendere un organo di maiale non rigettabile dall’uomo si aprirebbe una nuova strada terapeutica per tutte le persone in attesa di trapianto che non trovano il donatore compatibile. Oggi in Italia i pazienti che necessitano di un trapianto di cuore restano per anni in lista di attesa.

Ovviamente i problemi da risolvere negli xenotrapianti sono molteplici. Non c’è solo il problema del rigetto ma anche fare in modo che gli organi di animale non contengano virus sconosciuti e potenzialmente mortali per l’essere umano. Non ultimi poi sono i risvolti etici e psicologici in cui la demarcazione fra uomo e animale diventa sempre meno evidente. L’intervento infatti deve prevedere l’accettazione di un organo che non è il proprio, in questo caso nemmeno umano. Questo deve essere integrato e accolto da chi lo riceve, non solo biologicamente ma anche mentalmente e psicologicamente.

di Massimiliano Fanni Canelles

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