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La libertà nel porno e nell’arte

Questione di soldi, non di etica

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Questione di soldi, non di etica

Questione di soldi, non di etica

«In “Salon Kitty” il casino è protagonista. Ma non è una mia nostalgia per le case di tolleranza. In realtà è un atto di omaggio alle puttane». Tinto Brass, maestro del cinema erotico (e non solo) italiano che Parigi ci invidia, nel 1976, in una intervista alla giornalista Lina Coletti per “L’Europeo”, commentava così la sua pellicola su un postribolo d’alto rango riservato, nella Berlino degli anni Trenta, ai gerarchi nazisti. Luogo di prostituzione e di spionaggio, il Salone era anche una feroce metafora del potere in tutte le sue forme, a cominciare dal sesso. Il film di Brass, un capolavoro, mi è tornato in mente dopo le polemiche sul porno e sulle immagini della storia dell’arte. Gli Uffizi di Firenze sarebbero infatti pronti a una diffida nei confronti di Pornhub, portale di intrattenimento per adulti, per l’uso non autorizzato di immagini di opere d’arte, in particolare della celebre Venere di Botticelli. Il contenzioso nasce dall’iniziativa Classic Nudes lanciata dal sito, un’audioguida ai capolavori dell’arte erotica presenti in alcuni dei musei più importanti del mondo: “Le grandi bagnanti” di Cézanne, “La maja desnuda” di Goya, “L’Origine del mondo” di Courbet, le statue in marmo di Afrodite ma anche “La nascita di Venere” del Botticelli. Come testimonial è stata scelta Ilona Staller, in arte Cicciolina, che interpreta proprio la Venere di Botticelli. Questa notizia offre lo spunto per alcune riflessioni sulla libertà del porno e sulla libertà dell’arte nei tempi attuali, dove a chiacchiere in molti dicono di voler allargare i diritti e le libertà ma alla fine – a forza di normare – finiscono per restringerli sempre di più. Primo aspetto: non c’è nulla di immorale o di eticamente condannabile in Cicciolina che interpreta la Venere del Botticelli. Secondo aspetto, quello commerciale, già evidenziato, da par suo, dal critico d’arte Vittorio Sgarbi: «Credo – ha argomentato – che non si possa impedire ad alcuno di interpretare “La Venere di Urbino“, oppure le opere del Botticelli come inviti erotici in cui il nudo è il nudo che viene dallo spogliarello. Però una cosa è evidente: se fai un uso commerciale di quelle immagini devi pagare dei diritti». Il punto è da approfondire. L’arte è un business, il porno anche. Se il porno cita l’arte esplicitamente per sue iniziative, commerciali o di spettacolo, paghi i diritti. I termini del come e del quanto ovviamente andranno discussi e concordati. Terzo aspetto: l’arte comincia dal nudo, basti pensare ai greci. Le due libertà, quella dell’arte e quella del nudo (pornografico o erotico che sia) vanno a braccetto. Vederle, nel 2021, come l’una contra l’altra sarebbe un grave errore. E qui torniamo al cinema, da cui siamo partiti. La vitalità dell’arte sta non solo nell’essere  esposta ma piuttosto nell’essere viva, carne e sangue quotidiani per il nostro presente, magari nel farsi fotogramma di un film importante o di una foto artistica. Sempre nell’intervista alla Coletti Tinto Brass sottolineava: «S’è mai domandata perché tra dieci Comandamenti due sono contro il sesso e uno solo contro l’uccisione? Il tasto del sesso io l’ho toccato sempre, non solo in “Salon Kitty”. Ma prima utilizzandolo secondo un altro linguaggio. Adesso ho cambiato rotta. Il sesso come elemento di comunicazione. Facile, accessibile, diretto. Il sesso parlante se vogliamo». Come “L’origine del mondo” di Courbet. Tutto il resto è moralismo. Che Dio (per chi ci crede) ce ne scampi ma soprattutto liberi.   di Massimiliano Lenzi

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