Armata russa allo sbando
A Prigožin non piace il gioco di Šojgu e decide di portarsi via il pallone
Armata russa allo sbando
A Prigožin non piace il gioco di Šojgu e decide di portarsi via il pallone
Armata russa allo sbando
A Prigožin non piace il gioco di Šojgu e decide di portarsi via il pallone
A Prigožin non piace il gioco di Šojgu e decide di portarsi via il pallone
La diarrea comunicativa dei signori della guerra russi è stata una costante sin dal quarto giorno di guerra, quando Zelens’kyj era ancora vivo e nessuna bandiera russa campeggiava su Kyïv, chiaro segnale che i piani di Mosca fossero destinati a sciogliersi insieme alla neve di marzo. Per coprire il disastro e approntare le (inutili) misure tampone, avere una qualche faccia patibolare pronta a berciare insulti e minacce è stato così funzionale al regime putiniano per confondere le acque, seppur una misura comunque equivalente al prendere gocce di Bach dopo un infarto.
Una volta esauriti però i ceceni tiktoker di Ramzan Kadyrov – presi sovente a colpi di mortaio durante le loro dirette social – si è palesato l’astro nascente di Evgenij Prigožin, l’unico condottiero zetista capace di guadagnare terreno sulle difese ucraine. Conquiste ottenute a mezzo di massacri dei suoi (l’ultima conta che ha diffuso lui stesso è di aver perso ben 103 persone per guadagnare 160 metri a Bachmut) ma almeno tangibili, mentre i sottoposti degli altri comandanti russi sono morti senza aver neanche conquistato abbastanza terra da esservi seppelliti sotto. Questo quando i corpi non marciscono lì dove sono caduti.
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Il problema delle star è che, dopo aver acquisito un palco, poi lo possono usare per dire quel che vogliono. Non sono un segreto infatti l’acrimonia e la competizione che avvelenano i rapporti fra Prigožin e il ministro russo della Difesa Sergej Šojgu per via della supposta mancata fornitura di munizioni d’artiglieria ai mercenari, giacché sono state espresse in video più volte e senza censure da Prigožin stesso. Nell’ultimo messaggio a riguardo sembrava aver toccato il massimo, usando insulti irripetibili all’indirizzo di Šojgu e del generale Gerasimov (nuovo – ed ennesimo – comandante supremo dell’invasione russa dell’Ucraina), ma ora si è persino superato. «Il 10 maggio il gruppo Wagner abbandonerà Bachmut» ha annunciato Prigožin in divisa completa da combattimento e disposto di fronte a un semicerchio formato dai vari comandanti wagneriti, anch’essi in tenuta da battaglia. «Il 15 marzo 2022 ci è stato chiesto di intervenire nella “operazione militare speciale” perché non stava andando secondo i piani e quattro giorni dopo siamo arrivati dall’Africa con i nostri equipaggiamenti per attaccare Popasna. L’abbiamo presa il 9 maggio. Mentre l’esercito si ritirava da Izjum e Lyman, abbiamo tenuto 130 chilometri di fronte. L’8 ottobre abbiamo infine iniziato a occuparci del “tritacarne Bachmut”». Una vera e propria lista dei debiti contratti da Putin verso questa formazione, che ora pare abbia deciso di saldare il conto. «Visto che però ci consegnate solo il 10% delle munizioni necessarie, causando la morte aggiuntiva di molti dei miei uomini, il giorno dopo la parata della vittoria abbandoneremo la battaglia per la città».
La minaccia di ritirare dal fronte l’unica porzione organizzata della disfunzionale armata russa è quindi molto seria, soprattutto alla luce dell’acquisizione da parte del Wagner di alcuni ufficiali russi delusi e insoddisfatti nonché della controffensiva ucraina in preparazione. Tra attentati al Cremlino e fronte allo sbando sta così crescendo la tensione interna al regime putiniano.
Di Camillo Bosco
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