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Borodianka

Borodianka – Nei territori liberati

Borodianka – A pochi mesi dall’ultima visita, siamo tornati in questi luoghi insieme a Rajan Menon e Dmytro Levus ad assistere alla presentazione del progetto di ricostruzione
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Borodianka – Nei territori liberati

Borodianka – A pochi mesi dall’ultima visita, siamo tornati in questi luoghi insieme a Rajan Menon e Dmytro Levus ad assistere alla presentazione del progetto di ricostruzione
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Borodianka – A pochi mesi dall’ultima visita, siamo tornati in questi luoghi insieme a Rajan Menon e Dmytro Levus ad assistere alla presentazione del progetto di ricostruzione
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Borodianka – A pochi mesi dall’ultima visita, siamo tornati in questi luoghi insieme a Rajan Menon e Dmytro Levus ad assistere alla presentazione del progetto di ricostruzione
BorodiankaA pochi mesi dalla nostra ultima visita, siamo tornati in questi luoghi insieme a Rajan Menon (professore di scienze politiche all’Università di New York e autore d’innumerevoli testi per i più prestigiosi istituti di studio americani) e Dmytro Levus (noto politologo e giornalista ucraino), invitati dalle autorità ad assistere alla presentazione del progetto di ricostruzione di Borodianka. Al nostro ingresso in città entriamo all’interno d’alcuni ruderi di palazzi rimasti parzialmente in piedi in cui prima del passaggio del russkij mir vivevano migliaia di persone e si svolgevano le attività commerciali locali. Le condizioni meteorologiche sono pressappoco le stesseproibitive– in cui i cittadini di Borodianka si sono trovati a subire violenze indicibili e sopravvivere senz’acqua né corrente elettrica, vedendo le proprie abitazioni depredate e distrutte dagl’invasori. Giusto ricordarlo, perché alcuni quotidiani italiani ora negano addirittura che l’Ucraina abbia liberato più del 50% dei propri territori occupati dai russi: noi ci troviamo proprio all’interno di essi. Rajan è alla sua quarta visita dall’inizio dell’invasione su vasta scala del Paese e sta stilando un report molto esaustivo per le autorità americane direttamente dal campo e senza filtri, parlando con civili e soldati dalle città alle prime linee. Auspicando che i membri del Congresso americano possano venire qui, Rajan non ha dubbi: «di fronte agli attacchi contro i civili, qualcuno sostiene che possa trattarsi d’errori. Ciò che vedo dimostra invece inequivocabilmente l’intenzionalità di sradicare ogni forma di vita ucraina da questi luoghi». Bersagliati prima dagli elicotteri russi, poi coi tank e infine coi dispostivi a spalla, questi palazzi sono stati completamente sventrati, tanto da esporre l’interno delle abitazioni a cielo aperto. Entriamo in quel che resta d’un edificio poco distante dal famoso murales di Banksy che raffigura un baby karateka ucraino stendere Putin. Ogni piano salito è un girone dantesco: non c’è un solo armadio che i russi non abbiano depredato, un letto che non abbiano bruciato e una finestra rimasta intatta. Prestando attenzione a non camminare sulle aree cedevoli del pavimento, al secondo piano notiamo un pianoforte semidistrutto: la pressione di quei pochi tasti rimasti tocca le corde del nostro cuore. Di fronte, le ante d’una libreria crivellate di colpi lasciano cadere a terra libri scritti in diverse lingue. Salendo ancora, uno squarcio nella facciata proietta folate di neve sul telaio annerito d’una culla. All’ultimo piano notiamo i resti d’un falò, una griglia, alcune pentole, un boccione d’acqua e un libro. Qualcuno ha vissuto qui nascondendosi dai criminali russi. Avvicinandoci al luogo del nostro incontro con le autorità notiamo alcuni bambini fare un pupazzo di neve di fronte alla loro scuola distrutta. Il sindaco Heorhij Yerko e la figlia Halyna ci accolgono nel palazzo comunale. Nella piazza antistante, una lunghissima fila di persone aspetta il pasto giornaliero distribuito a chi ha perso tutto. Halyna ci mostra un messaggio ricevuto il 24 febbraio 2022 da un numero russo: «presto saremo da voi. Ti stupreremo e vi uccideremo tutti». I russi inviarono un messaggio identico anche al padre e cercarono d’ucciderlo sin dal loro ingresso in città. Imbracciato un fucile, Heorhij non ha mai abbandonato Borodianka. Nascondendosi a casa d’alcuni amici ha coordinato per un mese la resistenza, riuscendo a fornire preziose informazioni alle Zsu. Ci mostra i piani di ricostruzione della sua città: per ripristinare le 1534 strutture distrutte serviranno 150 milioni di dollari. Visibile sull’omonimo sito web, il progetto “Rebuild Ua” spiega come sarà possibile farlo, intervenendo sia a livello nazionale che privato. di Alla Perdei e Giorgio Provinciali La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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