L’esercito russo adotta le tattiche dell’Isis
Talvolta un esercito può adottare le tattiche di un suo nemico, magari per sorprenderne un altro. Da quando nel settembre del 2015 il regime russo è accorso in aiuto di quello siriano di Assad, Mosca non ha fatto che ripetere quanto il suo intervento non fosse preposto (soltanto) al mantenimento delle sue basi militari strategiche in Siria – quella navale di Tortosa e quella aerea di Laodicea – bensì a porre un argine contro le barbarie dell’Isis.
D’altronde nei bombardamenti indiscriminati che seguirono furono colpiti anche i miliziani di Daesh; ma se nei cieli la superiorità russa era incontrastata, a terra i soldati dovevano però confrontarsi con la letale ingegnosità dei fanatici bombaroli e i loro potenti Vbied. Vehicle-Borne Improvised Explosive Device (sistema esplosivo veicolare improvvisato) è infatti la sigla usata in ambito militare per identificare le cosiddette autobombe, tipologia d’arma impiegata con grande frequenza e varietà di forme e misure nella breve e grottesca vita del califfato. Auto, macchinari pesanti (ruspe, bulldozer), veicoli blindati: tutto veniva riempito di esplosivi e guidato verso il nemico da autisti kamikaze a cui erano stati persino saldati i portelloni per evitare ripensamenti tardivi. Una pratica efficace quanto brutale che si pensava ormai estinta con la liberazione di al-Raqqa.
La notte dello scorso 18 febbraio un soldato russo è invece salito sopra l’abitacolo di un vecchio blindato Mt-Lb, mentre un altro lo riprendeva col cellulare. L’ha inquadrato mentre collegava un apparecchio al mezzo sotto di lui e soltanto dopo ha mostrato il carico mortale stipato all’interno del veicolo: almeno tre bombe Ofab 100-120 (acronimo di Oskolochno-Fugasnaya Aviatsionnaya Bomba, cioè ordigni a frammentazione da 100 chili progettati per essere usati dalla flotta aerea sovietica) incastrate fra centinaia di chili di cariche Dkrp-4 (esplosivo tubolare utilizzato per aprire varchi nei campi minati facendo saltare intere linee di terreno) e il cui colore
marrone le fa assomigliare a gigantesche baguette. Gli ucraini impegnati nel resistere ai contrattacchi delle Z truppen nella zona di Svatove (oblast’ di Luhans’k, a Nord) si sono visti venire incontro questo mezzo durante un assalto avvenuto quattro giorni dopo.
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Per fortuna la deflagrazione ha avuto luogo soltanto una volta finito l’attacco, quando le truppe di Kyïv hanno raggiunto il blindato ormai abbandonato dai suoi creatori, ma rappresenta un precedente inquietante giacché l’arsenale russo è ancora pieno sia di vecchi catorci che di potenti bombe con cui riempirli. Sebbene stavolta l’azione kamikaze sia fallita, forse per problemi a un radiocomando installato con troppa fretta e al buio, è lecito chiedersi per quanto i generali russi saranno disposti a resistere alla mimesi completa con i loro vecchi nemici. E quando l’ultimo argine di decenza li avrà abbandonati, allora rischieremo di vedere anche i loro mobilitati guidare a tutta velocità contro le linee nemiche, ben sigillati all’interno di un Vbied moscovita.
Di Camillo Bosco
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