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La lotta fra Putin e Prigožin non si è fermata

A due settimane dalla ribellione di Prigožin, il regime di Putin si sforza di mostrarsi solido. Le braci della loro lotta covano così sotto la cenere
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La lotta fra Putin e Prigožin non si è fermata

A due settimane dalla ribellione di Prigožin, il regime di Putin si sforza di mostrarsi solido. Le braci della loro lotta covano così sotto la cenere
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La lotta fra Putin e Prigožin non si è fermata

A due settimane dalla ribellione di Prigožin, il regime di Putin si sforza di mostrarsi solido. Le braci della loro lotta covano così sotto la cenere
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A due settimane dalla ribellione di Prigožin, il regime di Putin si sforza di mostrarsi solido. Le braci della loro lotta covano così sotto la cenere
A due settimane dalla ribellione armata di Evgenij Prigožin, il regime di Vladimir Putin si sforza di mostrarsi solido. I canali televisivi russi ribaltano la storia della “eroica conquista di Bachmut” da parte dei mercenari, ricordando come la battaglia sia durata più di nove mesi. «Mariupol’ è invece stata presa dall’esercito russo in molto meno tempo» chiosa il commentatore imbeccato dal Cremlino, facendo capire dove adesso tiri il vento. La reazione positiva degli abitanti di Rostov all’ammutinamento del Gruppo Wagner e la riluttanza dei reparti delle Forze armate russe nel sopprimerla hanno creato un precedente inquietante ed è quindi necessario ridimensionarne l’epica. La narrativa di un’azione militare che – programmata per concludersi dopo pochi giorni – si trascina verso la sua cinquecentesima giornata è però inelastica a questi tentativi di torsione. Così capita che gli studenti sventolino le nere bandiere dei wagneriti per festeggiare la fine dell’anno scolastico, dimostrando una spontanea simpatia verso l’audacia maligna di Prigožin. Che d’altro canto pare sia ancora libero di girare per la Russia, secondo anche quanto afferma il dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnka. Il patron del Wagner è stato fotografato a San Pietroburgo, ma si dice sia andato anche a Mosca per completare la liquidazione dei suoi asset russi. Ha chiuso la società di comunicazione Patriot Media (lasciando per ora un sacco di Internet troll senza una grotta da cui spargere fake news) e la Concord Management and Consulting. Quest’ultima, attraverso una sua controllata, si occupava della fornitura del cibo (sovente ammuffito e contaminato) alle Z truppen che combattono in Ucraina. Non è ancora chiaro quale azienda subentrerà in questo ciclopico contratto e dunque centinaia di migliaia di soldati russi rischiano di patire ancora più fame e sete di quanto già lamentino nei vari appelli che caricano su Telegram. Le vivande non sono però la loro preoccupazione maggiore. I mobilitati russi dell’11esima compagnia del 394esimo Reggimento di fanteria meccanizzata, provenienti dal lontano Primorskij kraj di Vladivostok, hanno lamentato in un video di aver perso la metà dei loro effettivi. Hanno cercato senza successo di impedire la liberazione di Novodar’ivka da parte delle truppe giallazzurre e sono rimasti in vita appena 40 dei 106 che erano. Senza artiglieria, senza mezzi pesanti e senza la cospicua paga che Putin gli aveva promesso, sono persino finiti sui loro stessi campi minati per le ritirate improvvise causate dagli attacchi dei militari di Kyïv. Lamentele di questo tipo non sono nuove nell’armata russa, ma finora nessun catalizzatore poteva sfruttare il malcontento. Oggi invece Prigožin aleggia quale retropensiero di ogni critica all’establishment putiniano e il suo curriculum (prima criminale, poi carcerato, quindi faccendiere e criminale di guerra) non va più bene come quando svolgeva i lavori sporchi della Russia. Così assistiamo alla diffusione delle foto in cui il glabro Prigožin si prova parrucche e barbe finte, trovate dai servizi segreti russi nel raid della sua casa privata. Un fiacco tentativo di coprirlo di ridicolo che testimonia come la tensione sia ancora altissima e come le due fazioni stiano aspettando la prossima mossa dell’altra. di Camillo Bosco  

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