La Ragione entra in Kherson
La Ragione entra in Kherson con Francesco Maviglia. Gli echi dei bombardamenti russi, i ricordi indelebili dell’occupazione, la voglia di strappare altri territori all’armata dell’invasore. La determinazione, la fierezza, ma anche il dolore che non passa. I volti, che dicono più di tante parole e commenti
La Ragione entra in Kherson
La Ragione entra in Kherson con Francesco Maviglia. Gli echi dei bombardamenti russi, i ricordi indelebili dell’occupazione, la voglia di strappare altri territori all’armata dell’invasore. La determinazione, la fierezza, ma anche il dolore che non passa. I volti, che dicono più di tante parole e commenti
La Ragione entra in Kherson
La Ragione entra in Kherson con Francesco Maviglia. Gli echi dei bombardamenti russi, i ricordi indelebili dell’occupazione, la voglia di strappare altri territori all’armata dell’invasore. La determinazione, la fierezza, ma anche il dolore che non passa. I volti, che dicono più di tante parole e commenti
La Ragione entra in Kherson con Francesco Maviglia. Gli echi dei bombardamenti russi, i ricordi indelebili dell’occupazione, la voglia di strappare altri territori all’armata dell’invasore. La determinazione, la fierezza, ma anche il dolore che non passa. I volti, che dicono più di tante parole e commenti
“Siamo quasi a Kherson e non c’è stato ancora nessun controllo?”, chiedo a Max, il nostro producer, mentre percorriamo ad alta velocità la strada che collega Mykolaiv a Kherson. “Controlli?”, mi risponde, “cosa devono controllare? Nessun soldato russo sarebbe così folle da tentare un’incursione dall’interno. Sono russi, sì, ma nemmeno loro sono così sprovveduti”. Nemmeno sei mesi fa, per percorrere un tratto di strada di circa due ore come quello che collega Mykolaiv a Odessa, ci saremmo dovuti fermare almeno a otto Check Point, con controlli molto scrupolosi e lunghi.
Ora basta la scritta “press” sull’auto e un sorriso per entrare in una delle città più vicine al fronte di guerra (nel sud del paese), con l’esercito del Cremlino a soli tre chilometri dal fiume Dnipro. Gli ucraini si sentono sicuri. La stessa sicurezza che emerge dalle parole di Halyna Luhova, capo dell’amministrazione militare della città di Kherson. “Pochi giorni fa, in sole ventiquattro ore, l’esercito russo ha bombardato la regione di Kherson per 80 volte”, spiega. “Ma noi stiamo lavorando per la liberazione anche dell’altra sponda del fiume Dnipro”, continua, “e crediamo che i nostri militari possano avanzare ancora per liberare i territori occupati.”
A pochi chilometri di distanza incontriamo Ines, medico e coordinatrice che ha vissuto a Kherson per tutta l’occupazione. “Ho continuato a lavorare (anche sotto i russi ndr), sono un medico, questa è la mia vita. Da qui gestiamo tutte le chiamate per inviare i soccorsi dopo i bombardamenti che sono sempre più frequenti.” Intanto il Natale ortodosso arriva e Putin annuncia un cessate il fuoco di trentasei ore, violato dalla sua stessa armata dopo manco un paio. Forse per il Natale Irina potrà riposare, almeno per un giorno dall’inizio della guerra, ma non c’è spazio per le illusioni.
Di Francesco Maviglia
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