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Guerra Ucraina

La vita e la porta

Bombardamenti e difficoltà nei rifugi. Da Enerhodar giungono notizie che la centrale nucleare di Zaporizhzhya sia ostaggio dei russi
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Bombardamenti e difficoltà nei rifugi. Da Enerhodar giungono notizie che la centrale nucleare di Zaporizhzhya sia ostaggio dei russi
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Bombardamenti e difficoltà nei rifugi. Da Enerhodar giungono notizie che la centrale nucleare di Zaporizhzhya sia ostaggio dei russi
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Bombardamenti e difficoltà nei rifugi. Da Enerhodar giungono notizie che la centrale nucleare di Zaporizhzhya sia ostaggio dei russi
Kyiv – Nel solo mese di maggio, fra missili e droni la Federazione Russa ha lanciato 566 vettori contro l’Ucraina. L’efficiente sistema di difesa, attivo anche grazie al supporto della coalizione euro-atlantica, ne ha neutralizzati 496. Bersagliati da tali massicci attacchi aerei, case, fabbricati agricoli, infrastrutture ospedaliere e civili non sono stati risparmiati da una fitta pioggia di detriti.   Uno degli argomenti più discussi in queste ore dai media e sui social network ucraini riguarda la morte di quei civili che non sono riusciti a mettersi al riparo dai raid russi contro la Capitale. A seguito del procedimento avviato dalla polizia locale su ordine del sindaco Klitschko, quattro persone sono infatti state arrestate per le gravi conseguenze causate dalla loro negligenza nel controllo di quei rifugi antiaerei che molti cittadini lamentano d’aver trovato chiusi durante gli attacchi notturni. I missili balistici usati dai russi lasciano ai civili ucraini una finestra temporale molto ristretta per correre al riparo dal suono dell’allerta al momento dell’impatto: trovare una porta chiusa significa rimanere esposti al crollo di parte delle facciate dei palazzi o quantomeno alla caduta di detriti, che spesso comporta incendi ed esplosioni.  Considerato che ciascuno dei 7 Iskander-M lanciati giovedì costa fino a 2 milioni di dollari e che ogni Iskander-K dei 3 sparati ne costa circa uno, solo giovedì la Federazione Russa ha speso circa 17 milioni di dollari per uccidere due bambini (di 9 e 11 anni), una madre (34enne) e ferire una dozzina di persone che si trovavano nei pressi del policlinico del distretto di Desnyansk. Le case di 35 milioni di russi sono sprovviste di servizi igienici; 47 milioni di loro non hanno accesso all’acqua calda e 29 milioni neanche a quella corrente. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” Eppure, il giorno seguente, almeno altri 20 milioni di dollari di quei contribuenti sono stati spesi per sovvenzionare l’attacco con cui altri 15 missili da crociera e 21 droni (abbattuti) hanno comportato il ferimento d’un altro bambino di 11 anni e d’un uomo di 68. C’è poco da meravigliarsi se, dopo nove anni d’aggressione a un Paese pacifico finanziata con quei soldi, siano sorti alcuni gruppi di partigiani e legionari russi, addirittura proprio da quelle correnti politiche che non hanno mai portato in particolare simpatia né gli ucraini né Zelenskyy. Ubi maior, ciascuno ha messo da parte le proprie antipatie per osteggiare un nemico comune, consapevoli del fatto che un aiuto esterno sia necessario a qualsiasi resistenza partigiana. Fu così anche per noi nel 1943, quando dopo il 25 luglio i nostri s’unirono a inglesi e americani. Da Enerhodar giungono intanto notizie sconcertanti: ostaggio dei russi, la centrale nucleare di Zaporizhzhya ospita ora il doppio degli armamenti rispetto a qualche settimana fa. Quei gusci che dovrebbero riparare i reattori (raffreddati coi generatori diesel d’emergenza) sono la postazione di tiro privilegiata da cui i russi attaccano le infrastrutture energetiche ucraine. Al rischio di una catastrofe nucleare, nelle scorse ore s’è aggiunta una possibile contaminazione chimica: il governatore di Kherson Oleksandr Prokudin riferisce che i russi hanno portato esplosivi nell’impianto di Armyansk (Crimea), minando il territorio circostante. A prescindere dalle condizioni meteorologiche, i 300 droni da ricognizione Vector, ordinati dal Ministero della Difesa ucraino alla società tedesca Quantum-Systems, monitoreranno ogni minaccia. Di Giorgio Provinciali

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