Le guerre finiscono
La resistenza ucraina in città ormai limitata a una piccola area di edifici. La città di Bachmut, una distesa di rovine senza vita
Le guerre finiscono
La resistenza ucraina in città ormai limitata a una piccola area di edifici. La città di Bachmut, una distesa di rovine senza vita
Le guerre finiscono
La resistenza ucraina in città ormai limitata a una piccola area di edifici. La città di Bachmut, una distesa di rovine senza vita
La resistenza ucraina in città ormai limitata a una piccola area di edifici. La città di Bachmut, una distesa di rovine senza vita
«Evakuatsija! Evakuatsija! Evakuatsija!» è il triplice urlo del soldato ucraino nella tromba delle scale di una palazzina di Bachmut. È l’ultima chiamata per l’evacuazione dei civili che non vogliono ritrovarsi sulla Zero Line, la linea dove la distanza fra i belligeranti è zero. Nessuno risponde all’appello, ma sorprenderebbe il contrario: i corridoi sono invasi dai calcinacci e l’intero edificio appare pericolante, anche se in una migliore condizione di quelli vicini martoriati dagli scontri. Il militare setaccerà comunque anche il prossimo caseggiato, e così via finché non avrà finito il quartiere.
È infatti combattendo casa per casa che il Comando ucraino continua a difendere dagli attacchi dell’armata russa ciò che resta della città di Bachmut, oggi ridotta a una distesa di rovine senza vita. La maggior parte dei quasi 80mila abitanti è già stata evacuata da tempo e ormai solo uomini in divisa abitano gli edifici di quella che, fino a nove mesi fa, era una città famosa per la sua produzione alimentare e vinicola. Il controllo dell’esercito di Zelens’kyj sulla città si è ridotto a una porzione di case delimitata a Sud da via Čajkovskij e a Nord da via Liberatori del Donbas ed è l’ultima anticamera fino alla prossima città-fortezza ucraina, Časiv Jar.
Sebbene in arretramento, i difensori continuano imperterriti a dare battaglia alle Z truppen composte dai Wagner, dai mobilitati russi inquadrati nell’unità mercenaria “Wolf”, nonché dai paracadutisti e dalle altre truppe d’assalto delle Forze armate di Mosca. La compagine ucraina conta invece ancora la 93esima brigata meccanizzata – che costituisce da sempre il grosso delle linee di difesa – e, fra gli altri, il 24esimo battaglione d’assalto “Aidar”, la terza brigata d’assalto “Azov”, il reggimento “Russia Libera” (composto da russi oppositori del regime putiniano) e il battaglione “Sceicco Mansur”.
Quest’ultima unità, formata da ceceni che si oppongono a Kadyrov, è poi quella che sta dando più grattacapi agli invasori grazie a una tattica di brutale efficienza importata delle guerre cecene, che consiste nel piazzare delle cariche esplosive nei palazzi sotto attacco nemico per farli crollare su di loro nel caso li conquistino. I comandanti Wagner se ne sono lamentati subito, perché li obbliga a effettuare assalti con pochi uomini che spesso si ritrovano in inferiorità numerica rispetto ai difensori. È chiaro tuttavia che si tratta soltanto di un modo per guadagnare tempo, dato che i russi hanno dimostrato di infischiarsene delle perdite.
Mentre i combattimenti continuano, in un altro condominio da evacuare un volontario sta aiutando una famiglia a caricare su un furgone i pochi averi rimasti, ma l’anziana babuška rifiuta di lasciare la città dov’è morto suo nipote. «Se rimani, arriveranno i moscoviti. Chi ti difenderà?» le chiede. «Loro» risponde, indicando i soldati giallazzurri di scorta al volontario. «Vuoi continuare a vivere sotto le bombe? Durerà a lungo. Potrebbe non finire mai!» esclama allora il giovane, in un ultimo tentativo di persuasione. La risposta della nonnina è quindi disarmante e inappellabile nella sua sincerità, dopo nove mesi di spietato assedio russo: «Tutte le guerre hanno una fine».
di Camillo Bosco
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Tag: Evidenza, guerraucraina
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