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Nord Corea e Russia

Minaccia non convenzionale

Ciò che vogliono Putin e Kim Jong-un è chiaro ma le loro minacce sono assordanti almeno quanto il silenzio delle cancellerie occidentali

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Ciò che vogliono Putin e Kim Jong-un è chiaro ma le loro minacce sono assordanti almeno quanto il silenzio delle cancellerie occidentali

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Ciò che vogliono Putin e Kim Jong-un è chiaro ma le loro minacce sono assordanti almeno quanto il silenzio delle cancellerie occidentali

Zaporizhzhia – A poche ore dal lancio del missile balistico intercontinentale (Icbm) nordcoreano – che il ministro della Difesa di Pyongyang ha definito «diverso da quelli convenzionali», forse perché migliorato grazie al know-how messo a disposizione dai russi – caduto giovedì nelle acque del Pacifico settentrionale al largo di Hokkaido, Choe Song Hui (sua omologa agli Esteri) ha ribadito che «la Corea del Nord sarà sempre fermamente al fianco dei compagni russi, sotto la saggia guida del rispettato presidente Putin, fino alla vittoria in Ucraina». Proprio su ordine di Putin, 48 ore prima quel lancio, un altro Icbm (il “Jars” a propellente solido, che può essere equipaggiato con testate termonucleari multiple) veniva sparato con curvatura parabolica dal cosmodromo russo di Plesetsk (Arkhangelskaya oblast’, a meno di 400 km in linea d’aria dalla Finlandia) verso le zone orientali più remote della Federazione. Vantandosi dei risultati di quel test, l’economista Andrej Belousov – titolare del Dicastero della Difesa russo – ha reso noto che un Slbm (il “Sineva”, Icbm imbarcato a guida astro-inerziale e propellente liquido, in grado di trasportare fino a 4 testate nucleari multiple con potenziale distruttivo complessivo di 10x100kT) partiva allo stesso scopo dalle acque del Mare di Barents, mentre da un sottomarino russo di stanza in quello di Okhotsk si liberava in aria un vettore “Bulava” (cioè un altro Slbm da almeno 100-150 kT). Quel che entrambi i regimi che sottendono l’asse del Male hanno definito «una simulazione di counterstrike in risposta a un attacco nucleare di forze ostili» è invece con tutta evidenza lo sfoggio in pompa magna dello spauracchio dissuasivo da loro sempre brandito nei momenti di crisi. Sfoggiando l’argenteria atomica e palesando di poterne condividere rapidamente l’expertise con Pyongyang per osteggiare l’Occidente, Putin ha inviato alla sua maniera un messaggio volto a scoraggiare ogni tentativo occidentale di sostenere Kyiv in un attacco convenzionale alla Federazione, avvalorando la nuova dottrina nucleare russa da lui rivelata un mese fa al Consiglio di sicurezza nazionale.

Ma vi è di più. Verificate ed esaminate attentamente, le immagini satellitari recentemente poste all’attenzione dei lettori di “The Washington Post” da Joby Warrick e Jarrett Ley mostrano in maniera inequivocabile che il sito d’epoca sovietica a Nord-Est di Mosca “Sergiev Posad-6” – usato ai tempi della Guerra fredda come centro di ricerca e sperimentazione per armi biologiche tra cui vaiolo, ebola e febbre emorragica – è tornato in attività, ampiamente rinnovato e in fase d’espansione grazie a tre nuove costruzioni destinate a contenere pericolosi patogeni. Le riprese di Maxar Technologies e Planet Labs rivelano inoltre i segni della costruzione d’altri 10 nuovi hub, per un totale – stimato dai colleghi americani – d’oltre 23 chilometri quadrati. Mosca non ha mai negato di condurre ricerche per difendersi dal bioterrorismo. Tuttavia, la storia del “Sergiev Posad-6” parla chiaro almeno quanto i fotogrammi immortalati dai satelliti: le misure di sicurezza disposte attorno ai siti di stoccaggio e contenimento lasciano intendere che Mosca stia costruendo un arsenale d’armi non convenzionali da poter sprigionare se messa alle corde. Su queste pagine abbiamo documentato per presa diretta e dal campo l’impiego d’agenti chimici come la cloropicrina, usati dai soldati russi contro quelli ucraini. La campagna di disinformazione lanciata dal Cremlino e la condotta di Vladimir Putin – che ha sempre disatteso ogni accordo e rimangiato ogni promessa fatta – rendono ancor più inattendibile ogni dichiarazione, inclusa la smentita fatta in seguito alle dichiarazioni di Eltsin nel 1992, quando l’allora presidente russo ammise l’esistenza del programma d’armamento batteriologico russo.

L’ultimo attacco d’Israele all’Iran ha lasciato impotente la capacità d’esportazione di missili balistici da Teheran a Mosca per almeno due anni. La sempre più sottile linea rossa tracciata da Putin col sangue degli ucraini evidenzia ogni giorno di più che il tempo per capire come comportarsi in Ucraina è per l’Occidente proporzionalmente sempre più esiguo. Ciò che vogliono Putin e Kim Jong-un è chiaro ma le loro minacce sono assordanti almeno quanto il silenzio delle cancellerie occidentali.

Di Giorgio Provinciali

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