Nell’acciaieria Azovstal si combatte per la libertà dell’Europa
L’acciaieria Azovstal di Mariupol: chilometri di tunnel progettati per la guerra nucleare hanno rallentato l’avanzata delle Z del criminale Putin.
Nell’acciaieria Azovstal si combatte per la libertà dell’Europa
L’acciaieria Azovstal di Mariupol: chilometri di tunnel progettati per la guerra nucleare hanno rallentato l’avanzata delle Z del criminale Putin.
Nell’acciaieria Azovstal si combatte per la libertà dell’Europa
L’acciaieria Azovstal di Mariupol: chilometri di tunnel progettati per la guerra nucleare hanno rallentato l’avanzata delle Z del criminale Putin.
L’acciaieria Azovstal di Mariupol: chilometri di tunnel progettati per la guerra nucleare hanno rallentato l’avanzata delle Z del criminale Putin.
L’acciaieria Azovstal di Mariupol fu costruita negli anni Trenta dello scorso secolo nell’ambito della modernizzazione dell’industria siderurgica sovietica voluta da Stalin. I soldi per tale enorme sforzo costruttivo furono ricavati dall’esportazione delle materie prime e dei prodotti agricoli, venduti per ottenere valuta pregiata con la quale pagare i colossi industriali americani.
Solo i capitalisti statunitensi erano infatti capaci di portare nell’Urss tanto le attrezzature quanto le maestranze atte a trasmettere il know-how agli operai locali; chiaramente nel più stretto riserbo di ambo le parti per ovvie motivazioni politiche. La ricerca ossessiva del denaro necessario a tale scopo portò però Mosca a rapinare le fiorenti produzioni cerealicole e i vasti allevamenti ucraini, scatenando nel 1933 quella terribile carestia che nel Paese dei Girasoli viene chiamata Holodomor.
Distrutto durante l’operazione “Barbarossa”, con la quale i nazisti invasero l’Unione Sovietica, l’impianto fu però ricostruito con interventi che iniziarono nel 1948 per terminare nel 1953. In quegli anni la logica della Guerra fredda era già ben radicata e l’acciaieria, come tutti gli edifici strategici per l’industria bellica dell’Unione Sovietica, fu dotata di un profondo sistema di bunker capaci di proteggere da un attacco nucleare i 40mila lavoratori di Azovstal e le loro famiglie.
Il vasto dedalo sotterraneo è rimasto coperto da segreto militare anche dopo la privatizzazione dell’azienda, ma in una ricostruzione elaborata da John Lawson per il “Daily Mail” pare che esso si estenda per ben sei piani sotterranei di corridoi rinforzati lunghi diversi chilometri. Tali spazi sono stati progettati non solo per resistere alla sollecitazione cinetica delle esplosioni convenzionali ma anche alle diverse fasi delle detonazioni nucleari, che producono intensi sbalzi di pressione nell’atmosfera e notevoli quantità di radiazioni.
L’efficacia dei missili bunker buster russi Kab-1500 (non balistici) usati finora pare dunque trascurabile se non nel rendere ancora più complicato il muoversi sulla superficie dell’acciaieria. In pratica questa è una roccaforte che andrebbe conquistata in punta di baionetta lungo corridoi che appaiono però perfetti per imboscate agli attaccanti, giocoforza sprovvisti di mappe e strumenti di comunicazione dato che sottoterra risultano funzionanti soltanto quelli cablati.
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Agli invasori russi non resta che prendere gli assediati per fame. Non siamo a conoscenza delle quantità di cibo e munizioni che sono state lì stoccate ma sappiamo che fino a poche settimane fa i voli radenti degli elicotteri dell’aviazione ucraina – che passavano a Sud di Mariupol per raggiungerne il porto librandosi sul Mar d’Azov – sono riusciti a rifornire le scorte sul posto e a evacuare i feriti, finché sfortunatamente una pattuglia russa ha intercettato per caso uno di questi viaggi. Prova ne sia il recente video di un soldato del reggimento Azov, uscito da una delle numerosissime vie d’accesso celate, che impiega contro un veicolo russo un missile anticarro “Matador” fornito dal governo spagnolo solo verso l’inizio di aprile.
Sicuramente il criminale Putin vorrebbe ottenere entro il 9 maggio il pieno controllo di Mariupol e non passa giorno in cui non offra agli odiati nemici occasioni per deporre le armi, ma la condotta spietata e brutale del suo esercito è ora la sua perfetta nemesi. I difensori non si fidano delle promesse russe – e chi potrebbe? – e alla morte che li aspetterebbe da inermi prigionieri preferiscono quella in combattimento.
di Camillo Bosco
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