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La propaganda russa annega nel fiume Tibisco

Il truce Krasovsky e la l’atroce proposta di affogare i bambini ucraini, silenziata dai suoi stessi colleghi che lo hanno sospeso dal palinsesto di “Russia Today”.
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La propaganda russa annega nel fiume Tibisco

Il truce Krasovsky e la l’atroce proposta di affogare i bambini ucraini, silenziata dai suoi stessi colleghi che lo hanno sospeso dal palinsesto di “Russia Today”.
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La propaganda russa annega nel fiume Tibisco

Il truce Krasovsky e la l’atroce proposta di affogare i bambini ucraini, silenziata dai suoi stessi colleghi che lo hanno sospeso dal palinsesto di “Russia Today”.
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Il truce Krasovsky e la l’atroce proposta di affogare i bambini ucraini, silenziata dai suoi stessi colleghi che lo hanno sospeso dal palinsesto di “Russia Today”.
Talvolta cane mangia cane. Anton Krasovsky è un famigerato presentatore nonché direttore del palinsesto della rete televisiva “Russia Today”. Finanziato dal regime fascista dei siloviki, il canale è uno dei maggiori propalatori della propaganda putiniana. Seguirne le ‘notizie’ è parimenti un viaggio lisergico che un gioco di ruolo distopico, in cui il nanismo culturale ed economico russo viene laccato in oro e distribuito, come trofeo da ostentare, ai sudditi inquieti. In questo covo di contaballe prezzolati Krasovsky si può annoverare sicuramente tra i più beceri e instabili, dacché già nei primi mesi di guerra vociava il suo odio razzista antiucraino. «Chi mi dà del vigliacco può venirmelo a dire in faccia qui, lo aspetto!» sosteneva minaccioso nei suoi stream dal salotto di casa. Moscovita, ça va sans dire. Le sue filippiche contro gli «ukronazi» e gli «holol» – i due modi odiosi con cui definisce gli abitanti del Paese dei Girasoli – sono sempre nervose e morbose, ai limiti della psicopatologia. Qualche giorno fa è riuscito però a superare sé stesso, ospitando nel suo programma il canyon ideale per far rimbombare le sue tesi razziste: lo scrittore russo di fantascienza Sergej Luk’janenko. L’autore del “Ciclo dei Guardiani” è infatti un ultrà zetista che arrivò a definire le proteste di Euromaidan del 2014 come «un’operazione contro natura come il cambio di sesso». Niente di nuovo per un uomo che già nel 2008 sosteneva come la Georgia dovesse essere «riportata all’età della pietra a suon di bombe». Facendosi eco, i due ruscisti si sono quindi scatenati. Soprattutto quando Luk’janenko ha raccontato di come i bambini ucraini russofoni si sentissero già sotto occupazione russa ai tempi dell’Urss, la reazione di Krasovsky è stata isterica. Con eloquenti gesti del braccio, guardando in macchina, ha ripetuto più volte che «I bambini che si lamentano dell’occupazione russa vanno affogati. Buttati nel fiume Tibisco», così citando il popolare canto “Пливе кача по Тисині” (Gli anatroccoli che nuotano nel Tibisco) proprio dell’etnia degli abitanti lemchi – chiamati anche rusyny o rusnaky – dei Carpazi polacchi. Tale canzone popolare, resa famosa in Ucraina per essere stata inclusa nel concerto di requiem dedicato ai caduti della rivolta contro Janukovyč, è una triste ballata pacifista dove i piccoli rimpiangono di essere andati a morire in una terra non loro. Incurante dell’involontaria ironia della sua citazione, Krasovsky ha scansato anche un alleggerimento di Luk’janenko che citava le verghe paterne come più appropriate per disciplinare gli ucraini ingrati. «Piuttosto mettiamoli dentro quelle schifose stamberghe dove abitano e bruciamole» ha rilanciato, stavolta senza alcuna analogia culturale se non ai deliri del Reich di Hitler. Tanto sciabolare retorico è stato però eccessivo persino per la televisione russa ed è dovuta intervenire l’infame Margarita Simon’jan in persona per comunicare – raro segno di decenza tra i turiferari del criminale Putin – la sospensione del conduttore dal palinsesto di “Russia Today”. La Simon’jan è però la stessa persona che a giugno augurava un inverno glaciale ai popoli occidentali «non amichevoli». Quindi delle due l’una: o nel suo augurio salvava dal freddo i nostri bambini, oppure la schizofrenia russa sta raggiungendo il livello disastroso dei suoi fallimenti militari.   di Camillo Bosco

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