Putin all’angolo
Solo ad aprile ben 3.200 adesioni (delle 16mila) sono pervenute al progetto “Voglio vivere”: i militari russi scelgono la vita
Putin all’angolo
Solo ad aprile ben 3.200 adesioni (delle 16mila) sono pervenute al progetto “Voglio vivere”: i militari russi scelgono la vita
Putin all’angolo
Solo ad aprile ben 3.200 adesioni (delle 16mila) sono pervenute al progetto “Voglio vivere”: i militari russi scelgono la vita
Solo ad aprile ben 3.200 adesioni (delle 16mila) sono pervenute al progetto “Voglio vivere”: i militari russi scelgono la vita
Vinnytsja – Con un incremento del 10% sul mese precedente, ben 3.200 delle 16mila adesioni al progetto “Хочу жить” (Voglio vivere), sono pervenute a Kyiv nel solo mese d’aprile. Oltre a garantire ai militari russi che scelgono la resa volontaria un trattamento conforme alle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra, il programma prevede che essi non siano oggetto di scambio e non vengano consegnati alla Federazione Russa a meno che loro stessi lo vogliano.
Mosca non ha mai aggiornato i dati ufficiali sul numero di uomini dispiegati né sulle perdite, dichiarate a settembre in 5.937: una cifra almeno 30 volte inferiore a quella stimata dal Ministero della Difesa ucraino e dai maggiori think tank. Quanto emerge dal fronte rivela tuttavia uno scenario molto diverso: Mosca sta rispendendo in prima linea i propri militari feriti, non appena dimessi dalle strutture ospedaliere. Il campo conferma le testimonianze condivise sui social network da quei familiari di soldati che – dopo aver perso parzialmente l’udito o la vista, la sensibilità al tatto o interi arti – hanno ricevuto una nuova convocazione in quanto ‘abili’. Secondo il “Washington Post”, per mettersi al riparo dello scontento popolare Putin avrebbe inoltre già approvato la proposta di reclutare senza clamore altri 400mila uomini nel corso del 2023, attingendo nuovamente dalle carceri. Il fronte rivela un’altra realtà: un numero sempre crescente di russi chiede di arruolarsi nell’Afu (Armed Forces of Ukraine), per liberare il proprio Paese dal regime dispotico e dittatoriale imposto da Putin. «Sono molto motivati. Combattono instancabilmente e con grande valore» riferisce un soldato ucraino.
Le recenti esternazioni rivolte da Prigozhin al ministro della Difesa Shoigu e al generale Gerasimov, diffuse sui canali social della Wagner Pmc, delineano un quadro ormai evidente: strangolata dalle sanzioni e mal supportata da quei pochi Stati-canaglia che della guerra han fatto il pretesto per stringere affari con Mosca, la Federazione Russa è a corto di munizioni e uomini. I reperti rinvenuti a seguito dei recenti attacchi missilistici contro le città ucraine (che prima si verificavano su base settimanale e ora mensile) rivelano chiaramente date di produzione recenti. I T-54 risalenti al secondo dopoguerra, i droni iraniani e le munizioni nordcoreane indicano che i russi si sono imbarcati in un’operazione fallimentare insostenibile. Non potendo chiamarla “guerra”, perché violando la Carta delle Nazioni Unite ne verrebbe espulso dal Consiglio di sicurezza, Putin non può avviare la mobilitazione generale. Non può neppure avvalersi di partner affidabili a livello produttivo, come Cina e India, che da lui stanno rimarcando le distanze.
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Concedendogli sempre la prima mossa e una via d’uscita meno disonorevole, per mesi ci si è interrogati su cosa potrebbe fare il criminale russo se messo all’angolo. Ha sempre risposto chiudendosi ogni possibile exit strategy con decisioni irreversibili: l’annessione delle regioni ucraine parzialmente occupate, la mobilitazione parziale, il ritiro dagli accordi sul nucleare, la richiesta di corresponsione in rubli delle materie prime esportate, le recenti conferme del suo coinvolgimento diretto nell’invasione di Crimea e Donbas sin dal 2014. La guerra in Ucraina è stata per Putin un fallimento strategico sotto ogni aspetto. Per questo, stretto all’angolo, potrebbe non restargli che simulare un attacco al Cremlino che legittimi l’uso delle uniche armi rimaste: quelle di cui dispone in gran quantità ma che la sua stessa dottrina gli impedisce di usare.
Di Giorgio Provinciali
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