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Requiem per Soledar

Le miniere di sale sono state infine prese da Mosca, ma la guerra è lungi dall’essere finita
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Requiem per Soledar

Le miniere di sale sono state infine prese da Mosca, ma la guerra è lungi dall’essere finita
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Requiem per Soledar

Le miniere di sale sono state infine prese da Mosca, ma la guerra è lungi dall’essere finita
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Le miniere di sale sono state infine prese da Mosca, ma la guerra è lungi dall’essere finita
Al centro della città di Soledar si trovano due monumenti. Il primo è dedicato ai suoi tre cittadini caduti durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan del 1979; il secondo non raffigura un condottiero né un artista ma Petrovič Karpinskij, il geologo russo che nel XIX secolo dimostrò l’esistenza di grandi depositi di sale in questa zona del Donbas. Grazie alla sua scoperta un modesto villaggio agricolo – distante 18 chilometri da Bachmut e sito alla confluenza tra il fiume Bachmutka e il Mokry Plotva (il nome ucraino del cavedano) – divenne un centro di attività minerarie. Nel tempo le case dei soledarchi, divenuti minatori, si affastellarono tra il rio Cavedano e la strada principale, creando un serpentone urbano di circa 8 chilometri con più di 10mila abitanti. Ultima vittima del fascismo russo, questa città ora non esiste più. I membri operativi del servizio segreto dell’esercito russo (Gru), capitanati dal loro colonnello Igor’ “Strelkov” Girkin, l’avevano già occupata nel 2014 proclamando la nascita della Novorossija (“Nuova Russia”) ma poco dopo era stata liberata insieme a molte altre municipalità. E sempre qui fece base la commissione d’indagine dell’Ocse sul vile abbattimento, da parte delle milizie filorusse, del volo Malaysia Airlines 17. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DI “CRONACHE DI GUERRA” Soggetta subito a intensi bombardamenti, il 28 maggio scorso l’edificio amministrativo delle miniere era stato distrutto da un missile Otr-21 Točka, identico a quello che fece strage di civili nella stazione di Kramators’k e che Mosca sostiene di non utilizzare. Da allora le unità della Wagner si sono avvicinate alla città per conquistarla ma le difese erette dai paracadutisti ucraini della 46esima Brigata aeromobile autonoma si sono sempre dimostrate solide. Contro gli uomini del colonnello Valerij Skred i mercenari di Prigožin hanno inviato per mesi ondate di prigionieri reclutati nelle carceri russe e usati come carne da cannone per sfinire i difensori. Mentre scriviamo, questi attacchi hanno raggiunto il loro culmine e le truppe Wagner – rinforzate dai Vdv (paracadutisti dell’esercito di Mosca) – stanno avanzando sul terreno ricoperto dai corpi dei loro commilitoni. Un successo che si stanno litigando fra loro il Cremlino e Prigožin, generando una tempesta frenetica di rivendicazioni fotografiche per ogni centimetro conquistato. Dopo mesi di avanzata, l’esercito di Zelens’kyj dovrà forse ritirarsi da questa città, lasciando quindi Bachmut assediata da tre lati e mettendo a rischio la sua unica via di approvvigionamento. Lo stesso Prigožin ha comunque dovuto ammettere che questa vittoria è stata ottenuta a prezzo di perdite dolorose. Per tutta risposta Varsavia e Londra hanno annunciato l’invio di veri carri armati per rinforzare le difese del Paese dei Girasoli: una compagnia di Leopard 2 e un numero imprecisato di Challenger 2. Di Camillo Bosco

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