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La difesa europea sarà realizzata

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La difesa europea sarà realizzata. Il tema è posto all’attenzione del Consiglio europeo. Ci vorrà tempo, ci saranno intoppi

La difesa europea sarà realizzata

La difesa europea sarà realizzata. Il tema è posto all’attenzione del Consiglio europeo. Ci vorrà tempo, ci saranno intoppi

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La difesa europea sarà realizzata

La difesa europea sarà realizzata. Il tema è posto all’attenzione del Consiglio europeo. Ci vorrà tempo, ci saranno intoppi

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La difesa europea sarà realizzata. È il tema ieri e oggi è posto all’attenzione del Consiglio europeo. Ci vorrà tempo, ci saranno intoppi, si commetteranno errori (come sempre e su tutto) ma sarà realizzata. Il tema politico – offuscato dalla giornata bipartisan dell’ignoranza e della malafede (l’una cosa non esclude ma rafforza l’altra) sul Manifesto di Ventotene – non è se si è favorevoli o contrari, ma se si è dentro o fuori. Il che avrà coerenti conseguenze sul lato economico e industriale della faccenda. Nell’immediato non ne avrà sul lato della difesa. Ma il futuro non è fatto solo dall’immediato.

Interessante la nota inviata dal ministro della Difesa Guido Crosetto al “Corriere della Sera”, che tocca il nodo politico. La nostra difesa comune è affidata alla Nato, mentre non è e non sarà affidata all’Unione Europea. Ha ragione, ma così elude le scelte che oggi si devono compiere. È un gran bene che oggi la Nato sia data per assodata, considerato che abbiamo passato una parte della nostra vita a difenderne il valore da forze che non volevano entrarci e poi avrebbero voluto uscirne, pentendosi (a destra e sinistra) fuori tempo massimo. Non soltanto resta così – e Crosetto fa bene a sottolinearlo – ma sarebbe nefanda la costruzione della difesa europea che avesse come acchito l’intenzione di sganciarsi dalla Nato o dagli Stati Uniti. Tentazione che ci fu e che fu combattuta dagli europeisti.

Il problema, però, non è lo sganciamento europeo, bensì quello americano. È stato Trump a dire che non intende spendersi più di tanto per chi non spende abbastanza e che la copertura atomica sugli europei non dev’essere data per scontata.

La criminale aggressione russa all’Ucraina ha fatto correre Finlandia e Svezia a entrare nella Nato, ma è per le parole di Trump che Paesi già nella Nato e geograficamente ai confini dell’aggressore – come la Polonia e le Repubbliche baltiche – sono corse a ragionare di difesa autosufficiente, hanno annunciato il ritiro dagli accordi contro le mine antiuomo e non escludono una deterrenza nucleare propria. Sarebbe un salto indietro di mezzo secolo, riportando la proliferazione atomica a opera non soltanto delle canaglie, come Corea del Nord e Iran. Mille volte meglio che la rassicurazione sia europea.

Osserva Crosetto: il Trattato di Maastricht (1992), poi modificato a Lisbona (2007-2009), non prevede una difesa comune perché materia non demandata all’Ue e per devolverla occorrerebbe l’unanimità dei Paesi membri, che non c’è. Quindi non ci sarà difesa europea. E invece ci sarà. Ancora una volta Crosetto ha ragione: la difesa non è stata devoluta. Difatti l’Ue funziona bene in tutto quello che è stato devoluto e non funziona in quel che non è stato devoluto. Spesso lo osservano quelli da sempre contrari alle devoluzioni, ma questo è un problema che riguarda le loro capacità logiche. Però non è vero che ci vuole l’unanimità.

Un commissario alla Difesa esiste di già – ora il lituano Andrius Kubilius – componente di una Commissione votata da Fratelli d’Italia. Le sue competenze sono relative al mercato interno della difesa, ma non sono irrilevanti e comprendono lo spazio e le reti satellitari. E c’è di più, perché con il Trattato di Amsterdam (1997-1999) e con quello di Nizza (2000) – ricompresi nei trattati Ue – si prevede lo strumento che sarà utilizzato: la cooperazione rafforzata.

Ciò avvenne dopo e in vista dell’allargamento dell’Ue ai Paesi del felicemente defunto blocco sovietico: per non inchiodare tutto a una unanimità che si complicava con la numerosità. Si fa esplicito riferimento alla difesa e si può realizzare con l’adesione di almeno 9 dei 27 Stati membri. E sarà realizzata. L’Italia c’è o si defila? Oppure Meloni fa come Prodi per l’euro: vediamo chi ci sta e magari arriviamo dopo? Questa è la scelta politica da compiersi e cincischiare sarebbe un gravissimo errore, con conseguenze non sulla sicurezza immediata ma sul peso, sul coinvolgimento e anche sulla compartecipazione produttiva del vicinissimo futuro.

di Davide Giacalone

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