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La generazione Erasmus e le domande sull’Europa

In questa casa comune che è l’Europa, i giovani sognano di crescere, viaggiare, lavorare, sperimentarsi, innamorarsi e costruirsi una vita

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La generazione Erasmus e le domande sull’Europa

In questa casa comune che è l’Europa, i giovani sognano di crescere, viaggiare, lavorare, sperimentarsi, innamorarsi e costruirsi una vita

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La generazione Erasmus e le domande sull’Europa

In questa casa comune che è l’Europa, i giovani sognano di crescere, viaggiare, lavorare, sperimentarsi, innamorarsi e costruirsi una vita

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In questa casa comune che è l’Europa, i giovani sognano di crescere, viaggiare, lavorare, sperimentarsi, innamorarsi e costruirsi una vita

Ci parliamo mai con i nostri figli? La domanda sorge spontanea – diceva qualcuno – mentre tendiamo l’orecchio al bar, al supermercato o anche in televisione alle semplificazioni tragicomiche su noi europei.

Quando sentiamo ripetere con ossessiva sicumera che l’Europa ha fallito, l’Europa è un pachiderma, che siamo degli straccioni, impotenti e insignificanti davanti alla grande, folgorante potenza russa (così potente da essere impantanata da tre anni in Ucraina e con un Pil inferiore a quello dell’Italia, alla faccia del famoso Paese dai 13 fusi orari), la facciamo qualche domanda ai nostri ragazzi?

Per esempio: a quale mondo sentano di appartenere, dove si vedano nel futuro a livello personale e professionale, cosa considerino ormai normale e imprescindibile nella loro vita.

Perché proprio qui, in questa casa comune che ci siamo costruiti al prezzo di grandi sogni e immani fatiche dei nostri nonni e genitori, loro sognano di crescere, viaggiare, lavorare, sperimentarsi, innamorarsi e costruirsi una vita. Magari stanziale, forse itinerante o – chi lo sa – oggi qui e domani lì. Liberi. La “Generazione Erasmus”.

Liberi di fare e pensare quello che vogliono.
Di assorbire da culture, città e popoli dalle storie e usi millenari, costumi e tradizioni da mescolare felicemente in quella che è la loro realtà di tutti i giorni.
La loro vita, mentre così tanti fra i genitori inneggiano ai dittatori, latrano contro questo mondo così triste, involuto e insignificante da essere fatto da gente abituata ad avere tutto e di più.

Al punto da considerare la democrazia e la libertà scontate, al più messe a rischio dalle “invasioni barbariche” di chi ha l’ardire di essere attratto proprio dalla nostra way of life, dai nostri modelli e valori.
Pensate che paradosso: ne trovassimo mai uno pronto a sognare Mosca o Piongyang. Ma pure Budapest, se non per un weekend.

Credete siano illusioni da inveterati liberal democratici? Una recente indagine parla chiaro: nonostante il bombardamento mediatico antieuropeo e quello che pensano i loro genitori, i ragazzi della Gen Z hanno tanta o abbastanza fiducia nell’Ue (che già di suo è un concetto più politico di “Europa”) per il 60% e sono gli unici oltre il 50 in Italia.

Parliamoci con i nostri figli, chiediamo loro se preferiscono questo mondo che sentono offendere e prendere per i fondelli ogni giorno o i paesi dei dittatori, delle lugubri autocrazie, i luoghi dove vieni ammazzato, deportato o sbattuto in galera se la pensi in modo anche solo scomodo per chi comanda.
Chiediamogli se preferiscono vivere nella terra della libera circolazione delle idee, degli uomini, dei denari e delle speranze o in quelle in cui si deve fare ciò che ti dice il capo e stop.

di Fulvio Giuliani

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