Tre anni di Ucraina. Tre anni di noi
Le commemorazioni sono state particolarmente importanti per i tre anni dell’aggressione russa all’Ucraina
Tre anni di Ucraina. Tre anni di noi
Le commemorazioni sono state particolarmente importanti per i tre anni dell’aggressione russa all’Ucraina
Tre anni di Ucraina. Tre anni di noi
Le commemorazioni sono state particolarmente importanti per i tre anni dell’aggressione russa all’Ucraina
Le commemorazioni sono state particolarmente importanti per i tre anni dell’aggressione russa all’Ucraina
Le commemorazioni sono state particolarmente importanti in questo terzo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina. Hanno aiutato a stabilire alcune verità storiche: sembra incredibile ad appena 36 mesi dai fatti ma è bastato uno di Donald Trump per mettere a rischio ciò che è incontrovertibile. Chi sia l’aggressore e chi l’aggredito.
Nulla accade completamente per caso, compreso l’indecoroso stravolgimento dei fatti e della realtà a cui si accennava. Anche l’equilibrismo di Giorgia Meloni, fra l’aver meritoriamente ricordato ai trumpiani riuniti a Washington la “brutale aggressione” subita dall’Ucraina e l’assenza alla commemorazione a Kiev.
Nessuno di noi può aver dimenticato la profonda impressione. La solidarietà, la commozione per le fiumane di profughi. I volti degli anziani, dei bambini, delle famiglie scacciate e in fuga. L’accoglienza, le raccolte fondi, le parole. Quante parole e quante promesse.
È stato così per mesi, mentre si moltiplicava l’orrore per ciò che inesorabilmente emergeva dai fronti di una guerra condotta senza quartiere nei confronti dei civili.
Ci battemmo con orgoglio contro il veleno della disinformazione più cinica e Bucha divenne un “concetto”, uno spartiacque fra chi era disposto a bersi e propagandare le menzogne del Cremlino e chi cercava di capire come fosse stato possibile ridursi a tanto. Giusto per un po’, si intende.
Perché la guerra stanca.
Canta Vasco: “Se per sopravvivere qualunque porcheria lasciate che succeda e dite “non è colpa mia”, sorridete, gli spari sopra sono per noi”. Su questa stanchezza si è innestata una duplice narrazione, quella genuinamente dubbiosa sulla strategia da seguire per arrivare a una pace giusta e accettabile per gli ucraini e chi pian piano ha inesorabilmente ripreso la retorica russa, puntando tutto sull’assuefazione alla guerra, la stanchezza della pubblica opinione e il possibile ritorno di Donald Trump. Il resto è cronaca.
In un contesto del genere, capirete che il problema resta il voltafaccia della Casa Bianca ma ci saremmo anche noi. Noi intesi come cittadini pronti in troppi casi e dimenticare, mistificare, giustificare e soprattutto berci qualsiasi bestialità pur di farla finita. Con la guerra, i racconti degli orrori, questi ucraini che non vogliono proprio saperne di arrendersi.
Cosa abbiamo realmente sofferto, in cosa è cambiata la nostra vita? La grande arma rimasta nelle mani dei putiniani sono le bollette del gas e anche qui se non fosse una cosa tragicamente seria ci sarebbe da ridere. Dovevamo tutti congelare alll’inverno dalle sanzioni e del taglio delle forniture di gas e non è successo niente.
Perché i vituperati europei sono stati maledettamente bravi a riconvertire a tempo di record le forniture, riorganizzarsi e a fare a meno del famoso gas a buon mercato di Gazprom.
Abbiamo continuato a poterci baloccare con le liti di sempre, relegando pian piano l’Ucraina in un sottoscala mentale.
di Fulvio Giuliani
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