
Festeggiare le cadute non è rialzarsi
Festeggiare le cadute non è rialzarsi
Festeggiare le cadute non è rialzarsi
Quel che succede a Boris Johnson è una buona indicazione per gli altri capi partito. Quel che succede al suo partito, i conservatori, è un non esaltante esempio per gli altri partiti. Capi e partiti non solo inglesi, ma abitanti il vasto e bel mondo delle democrazie.
Se, per vincere, ti servi di un consigliere che cura l’immagine e la propaganda – capace e disposto a tutto pur di farti largo – ricordati, dopo avere vinto, di non litigarci. Perché quello, con il medesimo piglio, sarà disposto e capace di tutto pur di farti capitolare. È strana la psiche di questi uomini ‘ombra’: disposti a lasciare ai loro capi tutti i riflettori, ma non disposti a vedersi scaricati. Tendono a essere vendicativi. Immagini, messaggi e notizie sulle pressoché continue feste e festicciole, con cui Johnson si sollazzava nel mentre agli altri sudditi si diceva di non far entrare nessuno in casa, vengono dal suo ex consigliere.
Se un partito – dopo avere preso diverse cantonate, dopo avere convocato un referendum e averlo perso, dopo avere visto dimettersi il proprio premier, dopo avere fatto fuori la donna che gli succedette – si affida a un simpatico istrione, capace di popolarità, quando poi dovesse maturare l’impressione d’essersi messo nei guai deve avere il coraggio di criticarlo nel merito delle politiche adottate. Perché le cose vanno male in economia, nella gestione della Brexit e sono contraddittorie sul lato pandemia. Se i suoi pensano di giubilarlo usando le feste, poi sono pronti a farsi fare la festa.
di Gaia Cenol
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Tag: politica


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