Fra le macerie di Kremenchuk, salvaguardare la memoria
Kremenchuk – Diecimila metri quadri di rovine. A tanto ammonta la portata dello sfacelo provocato dai russi nel solo loro quinto attacco a questa città
| Esteri
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Kremenchuk – Diecimila metri quadri di rovine. A tanto ammonta la portata dello sfacelo provocato dai russi nel solo loro quinto attacco a questa città
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Kremenchuk – Diecimila metri quadri di rovine. A tanto ammonta la portata dello sfacelo provocato dai russi nel solo loro quinto attacco a questa città
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Kremenchuk – Diecimila metri quadri di rovine. A tanto ammonta la portata dello sfacelo provocato dai russi nel solo loro quinto attacco a questa città
Kremenchuk – Diecimila metri quadri di rovine. A tanto ammonta la portata dello sfacelo provocato dai russi nel solo loro quinto attacco a questa città. In uno spazio grande quanto due campi da calcio, oggi completamente coperto di macerie, sorgeva un moderno centro commerciale della catena Amstor. Mille persone si trovavano suo interno quando il 27 giugno 2022 le sirene iniziarono a suonare. Ritenendo quel luogo sicuro in quanto chiaramente non strategico e lontano dalla linea di fronte, molte di loro non si recarono nei rifugi, ignare del fatto che 900 chili d’esplosivo gli stavano viaggiando contro a Mach 4,6. Fu una carneficina. Un missile Kh-22 sganciato dal bombardiere strategico Tu-22M3 partito quel giorno dalla base russa di Shaykovka (oblast’ di Kaluga) centrò in pieno il mall, provocando una strage di civili. Una trentina di secondi dopo, mentre le fiamme divampavano intrappolando molti dei superstiti, un secondo missile andò a impattare contro il limitrofo ex stabilimento industriale di parti meccaniche per treni.
Ripercorrendo con noi quei drammatici momenti a cui miracolosamente sopravvisse, Anatolij trattiene a stento le lacrime: «Il missile è caduto proprio davanti a me. Mi trovavo dietro questo muro e sono riuscito fortunosamente a salvarmi. La deflagrazione è stata così violenta da piegare le insegne dei cartelli stradali delle vie limitrofe; tutte le facciate dei palazzi che vedete scrostate e puntellate sono state travolte da una tempesta di schegge. I morti e i feriti erano così tanti da dover supportare le ambulanze con le auto dei civili. C’erano corpi bruciati o fatti a pezzi ovunque e sotto quella sterminata distesa di macerie e carne le persone gridavano come all’inferno». Ancora una volta, Anatolij conferma quanto già abbiamo riscontrato a Lviv, Ternopil’, Zhytomyr e innumerevoli altre città: in quello stabilimento dismesso molti anni fa si producevano parti di ricambio meccaniche per treni e macchinari industriali. Entrambi i missili erano probabilmente diretti lì. I russi lo ritenevano un bersaglio strategico così importante da lanciargli contro due missili potenti ma imprecisi come i Kh-22 (che hanno un margine d’errore di 600 metri), pur sapendo che a 450 metri da quel luogo si trovava il centro commerciale Amstor.
A Mosca continuano dunque a impostare le coordinate dei loro vettori di morte contro obiettivi che forse in epoca sovietica avrebbero potuto avere una qualche valenza strategica ma oggi sono aree abbandonate o in cui sorgono attività di tutt’altro genere. Qui a Kremenchuk i russi hanno colpito anche l’ospedale locale. L’abbiamo visitato e le immagini che abbiamo registrato riprovano quella stessa – inquietante – costante che ricorre da ormai due anni nei nostri reportage. Per questi motivi la raccolta multimediale disponibile sul sito de “La Ragione” costituisce a oggi il più completo archivio disponibile al pubblico sui crimini di guerra e sugli errori madornali compiuti dai russi in Ucraina. Molti atti delittuosi dettagliatamente documentati da noi già due anni fa compaiono oggi nel report ufficiale stilato dalla Commissione d’indagine indipendente del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Ciò costituisce un riconoscimento per l’impegno profuso da noi sul campo, dall’editore e dai direttori di questo giornale ma anche un invito a proseguire affinché di quanto documentiamo resti memoria utile a riconoscere i focolai del male.
di Alla Perdei e Giorgio Provinciali
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