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Il generale Almasri arrestato a Tripoli con l’accusa di torture e omicidi

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Su Almasri pendeva un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Lo scorso gennaio era stato fermato a Torino e poi incredibilmente rimpatriato in Libia con un volo di Stato

Il generale Almasri arrestato a Tripoli con l’accusa di torture e omicidi

Su Almasri pendeva un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Lo scorso gennaio era stato fermato a Torino e poi incredibilmente rimpatriato in Libia con un volo di Stato

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Il generale Almasri arrestato a Tripoli con l’accusa di torture e omicidi

Su Almasri pendeva un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Lo scorso gennaio era stato fermato a Torino e poi incredibilmente rimpatriato in Libia con un volo di Stato

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La magistratura di Tripoli ha disposto l’arresto del generale Osama Njeem Almasri, a capo della polizia penitenziaria libica, con l’accusa di aver torturato e maltrattato alcuni detenuti nel carcere di Mitiga, situato nei pressi dell’aeroporto della capitale.
Fonti locali, tra cui Libya24, riferiscono che le autorità inquirenti avrebbero raccolto elementi di prova ritenuti schiaccianti, secondo i quali Almasri avrebbe inflitto sevizie ad almeno cinque prigionieri, provocando la morte di uno di essi. Alcuni testimoni raccontano che, mentre veniva condotto agli arresti, il generale mostrava un atteggiamento beffardo, sorridendo davanti agli agenti.

Quando fu fermato a Torino e il “pasticcio” tutto italiano

Il nome di Almasri è già noto sulla scena internazionale. È infatti oggetto di un mandato della Corte penale internazionale, che lo accusa di crimini di guerra e contro l’umanità.
Il generale era stato fermato in Italia, a Torino, il 19 gennaio scorso, su richiesta della Corte. Tuttavia, la vicenda aveva preso una piega inattesa: appena due giorni dopo l’arresto, senza attendere il via libera del Ministero della Giustizia, Almasri era stato rimpatriato a Tripoli con un volo governativo e successivamente rimesso in libertà. L’episodio aveva scatenato aspre critiche politiche e portato all’apertura di un’inchiesta del Tribunale dei ministri, poi archiviata dal Parlamento.

Le indagini internazionali e il mandato dell’Aja

Le accuse contro il generale non nascono oggi. Da tempo, investigatori delle Nazioni Unite e della Corte penale internazionale monitorano le sue attività, documentando gravi abusi nei centri di detenzione libici.
I dossier raccolti descrivono una rete di prigioni controllate da Almasri e dai suoi uomini, dove sarebbero stati praticati torture, violenze e trattamenti inumani come strumenti di controllo politico e militare.

La strategia della fuga legale

Per sottrarsi a sanzioni e all’arresto, Almasri aveva blindato la propria libertà ottenendo nel 2022 il passaporto della Repubblica di Dominica, piccolo Stato caraibico del Commonwealth che consente di ottenere la nazionalità investendo circa 100 mila dollari.
Quel documento gli garantiva l’accesso senza visto a oltre 40 Paesi e una protezione diplomatica quasi totale da eventuali mandati di cattura esteri. In questo modo, il generale si sarebbe costruito una rete di sicurezza internazionale, utile a preservare i propri interessi economici e il potere politico in Libia. Un escamotage che per fortuna è servito fino a un certo punto.

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