La politica “zero Covid” è stata scelta sin dal primo giorno dal leader cinese Xi Jinping: la massima severità possibile pur di stroncare la pandemia. Quella che nelle prime, terribili settimane dell’esplosione dei casi portò a sigillare decine di milioni di persone in diverse città cinesi. Ai tempi in modo non lontanissimo dalle scelte radicali dell’Italia e via via di tutti gli altri Paesi occidentali, ma oggi sconosciute altrove. La gente non ce la fa più e nel fine settimana in decine di migliaia hanno protestato da Pechino a Shanghai. All’obiettivo “zero Covid” Xi Jinping si è però politicamente impiccato al XX Congresso del Partito comunista cinese. L’ha indicato come una scelta intoccabile e lo ha fatto sul più alto palcoscenico del potere. Quello su cui, se perdi la faccia, sei finito.
Solo che i cinesi non ne possono più. Si è partiti con la protesta via social, poi le persone hanno invaso le strade. La repressione è stata immediata, ma il fatto che si sia saputo delle proteste e che sia arrivato un discreto numero di immagini dà l’idea della dimensione delle stesse. In un Paese che usa con assoluta disinvoltura la censura dei media, se filtra qualcosa che a Pechino si vorrebbe nascondere a tutti costi vuol dire che è semplicemente troppo grande.
Inutile spingersi oltre, per il momento, ma a pochi giorni da un’investitura che nelle idee del Capo doveva essere a vita, è un fastidiosissimo granello di sabbia in una macchina che il dittatore e i suoi fedelissimi avevano immaginato perfetta.
Di Marco Sallustro
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